La liberazione di Cecilia Sala e le contraddizioni dell’alba del 2025
Pensieri, parole, opere… e opinioni
L’inizio del 2025 è stato segnato dalla felice notizie della liberazione di Cecilia Sala. Questo episodio ha rappresentato un bell’esempio di mediazione in grado di fare leva sul valore universale della libertà di stampa e sulla solidarietà, elementi fondamentali in un contesto globale sempre più complesso. Tuttavia, questo spiraglio di ottimismo è stato facilmente oscurato da un avvenimento che solleva interrogativi profondi sulla tenuta democratica del nostro Paese, delineando un quadro inquietante che richiede una riflessione approfondita.
Il 7 gennaio, durante il raduno commemorativo di Acca Larentia, centinaia di partecipanti hanno infatti esibito gesti e simboli riconducibili al Ventennio fascista alla presenza di figure istituzionali quali il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli e i deputati di Fratelli d’Italia Federico Mollicone e Andrea De Priamo. La presenza di rappresentanti delle istituzioni a un evento in cui vengono apertamente manifestati simboli legati a un passato dittatoriale e violento è un fatto che desta preoccupazione, tanto più che, nel medesimo scenario, un cittadino che ha invece espresso pubblicamente sostegno alla Costituzione e alla Resistenza è stato prontamente identificato dalle forze dell’ordine mentre chi manifestava apertamente simbologie neofasciste non ha ricevuto alcuna sanzione.
Non si sottovaluti la portata del segnale di allarme per la nostra democrazia rappresentato da questi fatti. Il contrasto tra l’azione repressiva nei confronti di chi difende i principi costituzionali e la tolleranza verso espressioni di nostalgia fascista solleva interrogativi sull’efficacia e sull’imparzialità dell’applicazione delle leggi che vietano l’apologia di fascismo. In un Paese con la nostra storia, tali manifestazioni non dovrebbero trovare spazio né tolleranza. La Costituzione italiana, nata proprio per evitare il ripetersi di tragedie storiche come il fascismo, prevede strumenti giuridici per impedire il riaffiorare di ideologie antidemocratiche. Eppure, l’apparente inerzia delle forze dell’ordine e la compiacenza di alcuni esponenti politici fanno emergere una fragilità inquietante nel sistema di salvaguardia della democrazia.
Singolare che quasi fatti coincidano proprio con la trasmissione della serie televisiva M – Il figlio del secolo, che narra l’ascesa di Benito Mussolini. Sebbene non abbia avuto ancora modo di vedere la serie, numerosi critici hanno sottolineato come le strategie di costruzione del consenso, la manipolazione delle masse e l’uso della paura descritte nell’opera trovino eco nelle dinamiche politiche contemporanee. Questa rappresentazione storica mette infatti in luce i meccanismi attraverso cui il potere si consolida, spesso sfruttando le insicurezze sociali e il malcontento popolare e non è difficile intravedere analogie con alcuni atteggiamenti politici odierni, in cui la propaganda e la polarizzazione sociale vengono impiegate per rafforzare il controllo e legittimare posizioni estreme.
La narrazione di un passato intriso di compromessi politici, tensioni sociali e leader ambiziosi, pronti a tutto per consolidare il potere, sembra riproporsi nel presente, sollevando il rischio che certe derive autoritarie possano riaffacciarsi. La serie televisiva diventa, quindi, più di un semplice racconto storico, ma si configura come uno specchio del nostro tempo, spingendo a una riflessione critica sulla pericolosa normalizzazione di ideologie e comportamenti antidemocratici. Una coincidenza ci invita a chiederci se abbiamo davvero sviluppato gli anticorpi culturali e politici per riconoscere e contrastare tali dinamiche.
La Costituzione italiana, frutto di una stagione storica che ha rigettato con fermezza le dittature, dovrebbe rappresentare un riferimento imprescindibile per chiunque operi nelle istituzioni. Tuttavia, sembra che la memoria storica si stia lentamente dissolvendo, lasciando spazio a una pericolosa indifferenza verso il riaffiorare di simboli e linguaggi che dovrebbero appartenere a un passato definitivamente archiviato.
È quindi legittimo chiedersi: dove è finito il rispetto per la Costituzione da parte di chi proclama di agire per il bene del Paese? Se il benessere nazionale è davvero una priorità, la tutela dei valori democratici e antifascisti deve restare un impegno irrinunciabile per qualunque corrente politica. Questo richiede non solo il rispetto formale delle norme, ma anche una costante vigilanza culturale e politica. La storia ci ha lasciato insegnamenti fondamentali: sta a noi scegliere se preservarli e rafforzarli o lasciare che vengano erosi dall’indifferenza e dalla complicità. In un periodo di grande incertezza sociale ed economica, è proprio il rispetto delle regole democratiche a dover guidare le scelte politiche e istituzionali, per evitare che le paure collettive diventino terreno fertile per nuove derive autoritarie.