Importazione illecita di beni culturali
La tutela penale dei beni culturali
Di Francesco Donato Iacopino, Emanuele Procopio, Giovanni Passalacqua ed Enzo Nobile
Tale fattispecie delittuosa è disciplinata dall’art. 518-decies del codice penale, che testualmente così recita:
Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati previsti dagli articoli 518-quater, 518-quinquies, 518-sexies e 518-septies, importa beni culturali provenienti da delitto ovvero rinvenuti a seguito di ricerche svolte senza autorizzazione, ove prevista dall’ordinamento dello Stato in cui il rinvenimento ha avuto luogo, ovvero esportati da un altro Stato in violazione della legge in materia di protezione del patrimonio culturale di quello Stato, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 258 a 5.165 euro.
Il reato di importazione illecita di beni culturali è un reato comune a forma vincolata, atteso che esso viene in essere soltanto nel momento in cui il soggetto attivo del reato importa all’interno del territorio dello Stato beni culturali di provenienza delittuosa o il cui rinvenimento è avvenuto a seguito di ricerche effettuate senza autorizzazione, oppure nel caso in cui il soggetto attivo del reato introduce nel territorio dello Stato beni culturali di provenienza da uno Stato in cui i beni culturali sono protetti dalla legge dello Stato di provenienza.
Il reato si consuma al momento in cui il bene culturale fa ingresso nel territorio dello Stato italiano e, ovviamente, il luogo di ingresso determina la competenza territoriale dell’Autorità Giudiziaria.
L’elemento soggettivo è da individuarsi nel dolo generico che è rappresentato dalla volontà da parte del soggetto attivo del reato di importare nel territorio dello Stato italiano beni culturali di cui questi ha la piena consapevolezza della loro provenienza delittuosa, del loro rinvenimento avvenuto a seguito di ricerche compiute senza l’autorizzazione, ove prevista, rilasciata dallo Stato in cui i beni sono stati rinvenuti o della loro esportazione da uno Stato in cui il bene era soggetto per legge a protezione del patrimonio culturale.
Il legislatore, nell’emanare detta norma ha inteso impedire, sanzionandolo, il commercio clandestino dei beni culturali attorno ai quali ruotano grossi interessi economici.
La punibilità dell’agente in merito a detta fattispecie delittuosa avviene, considerata la clausola di riserva prevista dalla norma (fuori dei casi di concorso nei reati previsti dagli articoli 518-quater, 518-quinquies, 518-sexies e 518-septies), in cui questi non abbia concorso a commettere i reati in merito ai quali è esclusa la punibilità.
Però, come già detto in occasione della trattazione del reato di impiego di in attività economiche o finanziarie dei beni culturali provenienti da delitto, se la condotta dell’agente non è frutto di un’unica determinazione criminosa ma di più determinazioni criminose, ovvero l’una successiva all’altra, attesa la clausola di riserva: “fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 518-quater e 518-sexies”, presente nella dizione letterale della norma, il soggetto attivo del reato che ha già commesso il delitto di ricettazione o riciclaggio di beni culturali e solo in un momento successivo si determina ad impiegare detti beni (frutto di delitto a lui addebitato) in attività economiche o finanziarie risponderà del reato di ricettazione o riciclaggio e non di quello di impiego.
Continua…
Tratto da La tutela penale dei beni culturali, Key Editore