Attualità

Antonio Strangio: «La libreria deve essere un luogo di ispirazione e scoperta»

Quattro chiacchiere con…

Questa settimana abbiamo voluto fare le nostre quattro chiacchiere con Antonio Strangio, titolare, assieme alla sorella Roberta, della Libreria Calliope Mondadori di Siderno. La libreria, da anni, rappresenta un punto di riferimento per gli appassionati di letteratura dell’intero comprensorio e riteniamo che nessuno meglio di Antonio possa raccontarci quale sia lo stato di salute del settore.
In un periodo storico in cui si parla tanto di quanto poco la gente legga, com’è essere un libraio nella Locride?
Questa storia che non si legge più credo sia diventata quasi un luogo comune. Certo, è vero che non si legge tanto o che si legge male, ma non condivido l’idea che la lettura sia in declino totale. Piuttosto, è cambiato il modo di leggere. La lettura, ormai, è una forma di intrattenimento che si intreccia con altre: se mi appassiono a un film, una serie TV o un anime, spesso vado a cercarne il libro o il fumetto. Questo è un segnale positivo. Forse sono un ottimista cronico, ma vedo nei giovanissimi tanta voglia di leggere. Non si leggono più solo i classici, ma altre cose: manga, fumetti, narrativa contemporanea. È un cambiamento che riflette la società moderna, in cui le abitudini e i gusti evolvono costantemente.
Com’è cambiata la professione del libraio negli anni?
La mia libreria ha appena raggiunto i 18 anni di attività sul territorio. Quando l’abbiamo aperta, molti ci davano per folli. Eppure, eccoci ancora qui. Il mestiere di libraio è cambiato, proprio come è cambiato il mondo. Oggi non si cercano più solo i libri degli scrittori famosi, ma anche quelli di personalità emergenti di internet o della TV. Inoltre, il digitale, contrariamente a quanto si pensava, non ha influenzato il nostro lavoro in modo significativo. Per essere librai oggi, bisogna conoscere non solo la letteratura ma anche influencer, manga e fumetti. Questi ultimi, in particolare, sono ormai parte integrante della cultura popolare. Ad esempio, oggi devi sapere chi è Barbascura o Naoki Urasawa, come un tempo dovevi conoscere Fabio Volo o Harry Potter. Questo è fondamentale, perché i clienti si aspettano che noi siamo aggiornati su queste realtà. Inoltre, la libreria deve essere più di un negozio: un luogo accogliente, in cui il visitatore possa sentirsi ispirato e trovare spunti che lo conducano a esplorare nuovi universi culturali.
Credi che i passi compiuti dalle istituzioni locali per promuovere la lettura siano stati sufficienti?
Siderno è stata un’antesignana sotto questo aspetto. Con iniziative come il festival Mondi Possibili abbiamo dimostrato che anche in una realtà di provincia è possibile organizzare eventi culturali di alto livello. Tuttavia, le istituzioni spesso arrivano in ritardo. C’è ancora molta strada da fare per valorizzare pienamente determinati generi letterari, come i fumetti o la saggistica divulgativa, che oggi costituiscono una fetta significativa del mercato editoriale. La cultura è una risorsa preziosa, ma deve essere percepita come tale anche da chi la gestisce e la promuove. Progetti come Mondi Possibili sono solo l’inizio: dobbiamo puntare a una rete di eventi che coinvolga tutto il territorio, rendendo la lettura accessibile e attraente per ogni fascia di età. Questo implica non solo investimenti economici, ma anche una visione lungimirante che sappia cogliere i cambiamenti culturali in atto.
La vostra libreria ha sempre rappresentato un punto di riferimento culturale per la comunità. Quanto questo approccio vi ha aiutato a sopravvivere?
Gli eventi culturali, come le presentazioni di libri, sono stati fondamentali, per noi, ma stanno cambiando. Dopo il Covid, l’interesse per gli eventi tradizionali è calato. Credo che sia necessario rinnovare la formula: non più l’autore che spiega il libro, ma un incontro più dialogico e coinvolgente. Dobbiamo abbandonare l’idea dell’evento come lezione cattedratica e creare spazi di scambio autentico. Noi ci stiamo già provando nel nostro piccolo, sperando di avere ancora molto tempo per farlo. L’evento culturale deve trasformarsi in un’esperienza che non solo informa ma emoziona. La partecipazione del pubblico è essenziale: dialogare, confrontarsi, scoprire insieme nuovi orizzonti. Questo ci permette non solo di sopravvivere in un mercato complesso, ma anche di crescere come comunità, costruendo legami più profondi tra chi legge, chi scrive e chi organizza.
Quale contributo vi aspettate dalle istituzioni per sostenere questa trasformazione?
Le istituzioni devono superare la loro ritrosia e abbracciare pienamente questa nuova visione culturale. Non basta riconoscere che qualcosa funziona; bisogna anche capire il perché e approfondirlo. Questo richiede tempo, ma sono ottimista: credo che ci siano le basi per una trasformazione significativa. Oltre al supporto economico, servirebbe un cambio di mentalità. Non possiamo limitarci a riproporre modelli del passato: dobbiamo innovare, sperimentare, osare. Le istituzioni hanno il compito di essere promotrici e facilitatrici di questa evoluzione, collaborando con realtà locali come la nostra per creare sinergie che arricchiscano l’intero comprensorio.

Foto: lagru.it

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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