Bentornati a Quel che Nessuno vi ha detto, rubrica con la quale ogni settimana ci immergiamo nelle profondità dell’attualità per scoprire ciò che potrebbe sfuggire alla superficie.
La Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, celebrata il 25 novembre, ci ha ricordato quanto ancora ci sia da fare per contrastare una delle piaghe più drammatiche della nostra società. Questa ricorrenza non è solo un momento di riflessione, ma anche un’occasione per rinnovare l’impegno collettivo nel difendere i diritti delle donne in tutto il mondo, mettendo in luce le disuguaglianze sistemiche e le violenze che, troppo spesso, restano invisibili.
Domani, tuttavia, il nostro pensiero sarà rivolto a un’altra importante giornata: il 29 novembre, Giornata Internazionale di Solidarietà per il Popolo Palestinese. Proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1977, questa ricorrenza intende mantenere viva l’attenzione sulla situazione del popolo palestinese, le cui sofferenze sono il risultato di un conflitto che affonda le sue radici nel secolo scorso.
La questione palestinese trae le sue origini dalla fine del mandato britannico in Palestina, un periodo storico cruciale che culminò nella fondazione dello Stato di Israele nel 1948. Questo evento rappresentò una svolta drammatica per la regione, segnando l’inizio di un conflitto che avrebbe lasciato ferite profonde e durature. La nascita di Israele comportò l’esodo forzato di oltre 700.000 palestinesi, costretti ad abbandonare le loro case e le loro terre in circostanze spesso violente e traumatiche. Questo spostamento massiccio e improvviso di popolazione, noto come Nakba (catastrofe), non fu solo una tragedia umanitaria, ma segnò anche l’inizio di una diaspora che ancora oggi continua a modellare l’identità e la lotta del popolo palestinese. I rifugiati della Nakba, sparsi tra campi profughi in Cisgiordania, Gaza e nei paesi limitrofi come Libano, Giordania e Siria, rappresentano una delle questioni più complesse e dolorose del conflitto.
Da quel momento, la vita della popolazione palestinese è stata caratterizzata da un’esistenza segnata dall’occupazione militare, dall’espropriazione delle terre e dalla segregazione sociale. La realtà quotidiana nei Territori Palestinesi, sotto il controllo israeliano, si traduce in restrizioni alla libertà di movimento, discriminazioni economiche e limitazioni nell’accesso ai servizi essenziali come sanità e istruzione. Le violazioni dei diritti umani sono una costante, con demolizioni di case, arresti arbitrari e uso sproporzionato della forza da parte delle autorità israeliane. Nonostante i numerosi tentativi di mediazione internazionale, tra cui gli Accordi di Oslo e successive iniziative promosse da organismi come le Nazioni Unite, la soluzione a due Stati, considerata da molti come l’unico percorso per una pace stabile e duratura, appare sempre più lontana e irrealizzabile.
Negli ultimi anni, le tensioni nella Terra Santa si sono ulteriormente intensificate. Gli insediamenti israeliani, che continuano a moltiplicarsi soprattutto in Cisgiordania, rappresentano una chiara violazione del diritto internazionale, come stabilito dalla Quarta Convenzione di Ginevra. Queste colonie, spesso costruite su terreni sottratti ai palestinesi, non solo ostacolano la continuità territoriale necessaria per la creazione di uno Stato palestinese, ma alimentano anche un clima di crescente frustrazione e rabbia. Le violenze quotidiane nei Territori occupati, da Gaza alla Cisgiordania, testimoniano il perdurare di un conflitto che, oltre a mietere vittime, priva milioni di persone della loro dignità, delle loro opportunità e dei loro diritti fondamentali. La popolazione civile, intrappolata in una spirale di violenza e vendetta, vive in condizioni sempre più precarie, mentre il mondo osserva spesso con indifferenza o incapacità di agire concretamente per porre fine a questa situazione insostenibile.
Celebrare la Giornata di Solidarietà per il Popolo Palestinese significa dunque non solo ricordare le sofferenze di questa popolazione, ma anche ribadire la necessità di una solidarietà internazionale. La comunità globale ha il dovere di lavorare per una soluzione giusta e sostenibile, basata sul rispetto del diritto internazionale e sui diritti umani. In un contesto geopolitico sempre più polarizzato, mantenere alta l’attenzione sulla questione palestinese non è solo un atto di solidarietà, ma un passo fondamentale per la costruzione di una pace stabile in una regione cruciale per l’intero pianeta.
Le due ricorrenze del 25 novembre e di domani, seppur diverse, ci invitano insomma a riflettere su temi universali: la lotta contro l’ingiustizia e la violenza, sia essa rivolta contro le donne o contro un intero popolo. In entrambe le cause risiede un messaggio di speranza e un richiamo all’azione: non possiamo rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza altrui. La strada verso la giustizia e la pace passa attraverso la consapevolezza, il dialogo e l’impegno concreto di ognuno di noi.