Costume e SocietàLetteratura

Amicizia, lavoro e sogni di ritorno: il confronto tra Marco e Mezza Cazzuola

Storie d’altri tempi

Di Francesco Cesare Strangio

I due domandarono se avesse della birra fresca.
«Certamente! In casa mia non manca mai la birra. Ditemi: gradite una marca italiana o straniera?»
«Fai tu!»rispose Mezza Cazzuola.
Marco andò in cucina e poco dopo fece ritorno con tre birre di marca Corona.
Prima di intraprendere qualsiasi discorso era uso chiedere l’andamento della salute e del lavoro.
Alla domanda lavoro, Mezza Cazzuola disse di svolgere l’attività lavorativa a Lugano e di abitare a Como.
La parola “Lugano” rapì l’interesse di Marco. Doveva essere cauto nell’indagare per evitare che Mezza Cazzuola s’insospettisse di qualcosa. A pochi metri dal salone c’era il tesoro custodito da Argo e non poteva lasciarlo lì e usarlo come uno sportello di banca, ogni qual volta si presentasse la necessità.
A differenza di Osvaldo, che senz’altro era un’ottima persona, Mezza Cazzuola era un amico e compagno di lavoro durante il lungo periodo dell’apprendistato.
Durante i dieci anni trascorsi a lavorare con l’impresa di mastro Filippo, Mezza Cazzuola aveva sempre dimostrato di essere un galantuomo e in più di un’occasione, di essere riservato. Era l’uomo giusto al quale chiedere una mano al fine di depositare il denaro nelle banche Elvetiche.
La donna osservava la casa con particolare interesse. Avvedutosi della curiosità della compagna di Mezza Cazzuola, Marco invitò i due a seguirlo. Visitata la sala da pranzo, la cucina e il bagno, presero la scala che portava al piano di sopra, ove era collocata la zona notte. I marmi pregiati arricchivano di riflessi i gradini e le alzate della scala elicoidale, che si slanciava verso l’alto arricchendo ulteriormente la bellezza della sala. Alla sommità della scala vi era un ampio soppalco che dava sul salone e in un corridoio largo almeno due metri che disimpegnava le cinque camere da letto. Marco li fece entrare in tutte le camere che erano notevolmente grandi, ben rifinite e ognuna aveva il bagno annesso. La donna rimase ammirata per la grandezza e per la bellezza della casa.
Scesi al piano di sotto ripresero a parlare di lavoro.
Mezza Cazzuola disse di trovarsi bene, al Nord, anche se doveva ammettere che gli amici rimasti al paese si erano sistemati molto bene.
Nelle parole di Mezza Cazzuola si percepiva un certo pentimento per essere andato via.
Marco, data l’amicizia che intercorreva, ritenne doveroso dirgli: «Quando decidi di rientrare, sappi che c’è sempre un posto libero per la tua degna persona.»
«Ci devo pensare seriamente, è mia intenzione fare ritorno a casa. Il freddo del Nord mi sta portando via la salute. Fammi rientrare per sistemare le cose lasciate aperte, poi me ne ritorno e affanculo il freddo.»
«Ascolta, mi faresti cosa gradita se una sera di queste venissi a cena da me.»
«Ne puoi essere certo. Veniamo, così ci passiamo una serata.»
Marco ritenne inopportuno, in quell’occasione, trattare l’argomento delle banche Elvetiche; data la delicatezza dell’argomento, la miglior cosa sarebbe stata affrontare l’argomento durante la cena.
La mattina seguente, la squadra di Marco si presentò al palazzo del farmacista per iniziare l’opera di ristrutturazione della palazzina. Contestualmente all’inizio dei lavori, il farmacista versò un acconto considerevole che permise a Marco di potersi muovere con una certa serenità.
Era da un po’ di tempo che Marco teneva d’occhio il bar tabacchi della stazione; la sua idea era di capire se il giro d’affari fosse tale da rendere conveniente l’acquisto. Alla fine del periodo d’osservazione, Marco capì che i guadagni non erano come immaginava. Quelli che facevano i veri profitti erano il bar Primavera, il Carducci e quello di Rocco Valpreda. Il resto viveva discretamente e niente di più.
Logorato dal dubbio, Marco si recò dalla sua madrina per chiedere un consiglio.
«Buon giorno, comare Angelina! Come state?» esordì Marco.
«Ringrazio Dio. In fin dei conti basta che abbiamo la salute e da mangiare e le ricchezze le lasciamo agli altri.»
Come sempre donna Angelina era garbata nel parlare e misurata nell’agire; come si suol dire: non andava mai oltre il suo limite.
Tempo un attimo passò dietro al bancone e prese ad affettare della porchetta per imbottire un panino.
«Prego, compare Marco, prendi questo panino: so che ti piace molto.»
«Grazie comare, come sempre mi manifestate affetto. Quando arriva l’ora che avete bisogno di costruire casa, sappiate che vostro compare è sempre a vostra incondizionata disposizione.»
«Mai avuti dubbi! A cosa devo la tua bella presenza?»
«Comare, con voi posso parlare con schiettezza, giacché conosco la vostra riservatezza. È mia intenzione prima di tutto trovare una donna e sposarmi; e poi aprire un baretto, perché mi sono quasi stancato di fare l’appaltatore.»
«Mi risulta che con il lavoro vai alla grande» rispose donna Angelina.
«Effettivamente è così» confermò Marco.
«E chi ti manda a metterti a lavorare nel bar? Non ti conviene fare una decina di anni di appalti e poi ritirarti dal lavoro e stare con una gamba sopra e una sotto?» osservò donna Angelina.

Redazione

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