Codice Penale: differenze tra riciclaggio, ricettazione e impiego di beni culturali illeciti
La tutela penale dei beni culturali
Di Francesco Donato Iacopino, Emanuele Procopio, Giovanni Passalacqua ed Enzo Nobile
Secondo quanto previsto dall’articolo 15 del Codice Penale, quando più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la disposizione di legge speciale deroga alla disposizione di legge generale.
In termini pratici, qualora il soggetto attivo del reato (agente) si è determinato ab origine a ricevere o sostituire beni culturali per impiegarli in attività economiche o finanziarie, risponderà del reato di cui all’art. 518-quinquies del CP.
Se, invece, la condotta dell’agente non è frutto di un’unica determinazione criminosa ma di più determinazioni criminose, ovvero l’una successiva all’altra, attesa la clausola di riserva “fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli art. 518-quater e 518-sexies” presente nella dizione letterale della norma, il soggetto attivo del reato che ha già commesso il delitto di ricettazione o riciclaggio di beni culturali e solo in un momento successivo si determina a impiegare detti beni (frutto di delitto a lui addebitato) in attività economiche o finanziarie risponderà del reato di ricettazione o riciclaggio e non di quello di impiego.
Da tutto ciò consegue che, proprio in virtù dell’inserimento della clausola di riserva che il legislatore ha inserito nella norma, il discrimine tra le norme a carattere generale della ricettazione e del riciclaggio e quella a carattere speciale di impiego in attività economiche o finanziarie beni culturali provenienti da delitto va rinvenuto nel criterio della pluralità, ovvero della unicità di azioni e delle determinazioni volitive a esse sottese.
E, difatti, il reato di impiego di beni culturali provenienti da delitto può configurarsi nel caso in cui l’elemento psicologico del reato sia rappresentato dal dolo generico, ovvero far perdere le tracce dell’origine illecita del bene mediante l’impiego in attività economiche o finanziarie di beni culturali provenienti da delitto senza alcun fine di procurare a sé o ad altri un profitto che lo distingue da quello della ricettazione in quanto per la sua configurazione è richiesto il possesso del bene o l’intromissione ai fini del possesso e l’elemento psicologico del dolo specifico, ovvero la finalità del profitto.
È, altresì, configurabile detta fattispecie delittuosa e non quella di riciclaggio posto che, anche se per entrambi è richiesto l’elemento psicologico del dolo generico consistente nella specifica finalità di far perdere le tracce dell’origine illecita, la fattispecie delittuosa in esame, a differenza dell’altra, è perseguita mediante quell’impiego di risorse in “attività economiche o finanziarie.”Tale tipo di analisi consente di affermare che il reato nell’impiegare i beni culturali in attività economico finanziariesi pone in un rapporto di specialità rispetto all’art. 518-sexies e quest’ultimo, a sua volta, è in specialità con l’art. 518-quater.
Inoltre, tenuto conto che la norma in questione attribuisce la condotta delittuosa della clausola di riserva fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli art. 518-quater e 518-sexies, soggetto attivo può essere individuato in chiunque impieghi il bene culturale di provenienza delittuosa, che ovviamente non può corrispondere nella persona di chi li possiede o li fornisce ai fini dell’impiego.
Tratto da La tutela penale dei beni culturali, Key Editore