Le Leggi di Locri: giustizia, ordine e la fine della vendetta
La Repubblica dei Locresi di Epizefiri
Di Giuseppe Pellegrino
Mentre il legislatore si allontanava dalla Agorà, in controluce al sole che scendeva, si stagliava la figura di Agesilao. L’oplita non aveva incertezze più, non aveva paure. Ubbidire ed eseguire le leggi era il suo compito. Era contento che Tirso alla fine era caduto, ma avrebbe eseguito la sentenza anche contro il Pastore.
Non si deve entrare armati al senato. Non presentarsi col ferro nell’adunanza del senato.
Certo la presente collocazione è un poco spuria. Il criterio utilizzato qui è utilitaristico: fine dell’opera con la fine del Creatore delle Leggi locresi. È una norma di ordine pubblico. Essa è interpolata e sente l’influenza del diritto romano. A Locri, ma anche presso tutti i Greci, non esisteva il Senato, ma l’Assemblea Popolare, sia che si chiamasse Dàmos, Ekklesia, o Apella. La Gherusia o altro non corrispondevano al concetto di Senato.
Poiché l’Assemblea pubblica si teneva o al Teatro greco o nell’Agorà, è chiaro che il riferimento non può che essere il Buleterio. Qui si riuniva la Bolà (va bene tradurre Governo), ma si celebrava anche la Giustizia, posta la non esistenza di luoghi a ciò deputati specificatamente. Dunque era vietato entrare armati, sia in occasione delle riunioni della Bolà, come pure nel momento in cui si celebrava giustizia.
Nessun senato: si ripete testualmente ancora che è un’interpolazione tarda, quando già l’influenza romana si sentiva. Il luogo dell’adunanza si chiamava Buleterio, che era sia il luogo in cui si riuniva la Bolà, sia il luogo in cui si teneva giustizia pubblica. D’altronde lo stesso termine Buleterio deriva, infatti, dal verbo bulèuo, che significa delibero, progetto, decido, discuto, e anche tramo.
Con Melania Polito, si può spiegare l’interpolazione con il fatto che lo studio dei diritti antichi ha avuto origine, come fenomeno culturale, nel periodo umanistico, quando i giuristi della scuola culta intrapresero, per la prima volta, l’analisi storica di tutte le fonti giuridiche dell’antichità, non solo romane, ma anche greche e orientali. Sino ad allora la scienza giuridica si era limitata all’esame delle due supreme e immutabili autorità legislative, il Corpus Iuris civilis e il Corpus Iuris canonici, considerate per secoli le uniche matrici del diritto del mondo civile.
La pena era il laccio era undivieto non di natura poliziesca ma a tutela della liberta dei magistrati e del divieto di farsi giustizia da soli. L’adunanza poteva anche essere della Bolàche si riuniva per deliberare, ma poteva anche essere la folla che assisteva a un processo; folla nella quale era presente sicuramente le persone interessate e i loro famigliari, e in tale ipotesi la tentazione di farsi giustizia direttamente non era aleatoria. Dunque, una norma a tutela della libertà di emettere un giudizio serenamente, essendosi lo Stato-Polis sostituito alla faida privata.Il riferimento a condizioni relative all’età avanzata sono per l’Organo di Governo, detto Gherusia a Atene e a Sparta. A Locri si chiamava semplicemente Bolà, ossia Organo che prende decisioni, Governo. La ragione stava nel fatto che in via generale la popolazione locrese fosse in gran parte composta da gente in età sufficientemente giovane e sempre nell’origine servile dei Locresi. Dunque la norma va letta nel senso che vi era divieto di presentarsi armati nella pubbliche adunanze che potevano partire dall’Assemblea Popolare (ma sopra si è specificato che il riferimento è difficile; anzi impossibile), fino anche ai giudizi dei Magistrati che erano pubblici. D’altronde l’episodio di Zaleuco e della sua mitica morte non aveva senso, in quanto le adunanze della Dàmos erano conosciute perché tenute in modo sistematico. Non così i processi o riunioni analoghe. Inoltre, la norma era un modo per vietare la vendetta personale, che nella celebrazione dei processi poteva avvenire in quanto di certo la presenza delle persone offese o che si ritenevano tali.
Così il racconto:“Non passò molto tempo che la Parca tagliò anzitempo in modo violento anche il filo della vita di Zaleuco. La leggenda vuole che il Magistrato fosse in casa, quando sentì urla lancinanti che venivano dal Buleterio, posto nall’Agorà. Subito il nomotheta pensò a un attacco esterno e improvviso dei nemici di Locri. Si armò di spada e piombò correndo nell’Agorà, da dove le grida provenivano, e, arrivato si accorse che, invece, arrivavano dal Buleterio.”