Locri: dall’economia di sussistenza alla nascita della classe artigiana
La Repubblica dei locresi di Epizefiri
Di Giuseppe Pellegrino
Qualsiasi commerciante a Locri, prima del 354 avanti Cristo, nel vendere un prodotto in cambio ne riceveva un altro. Era una economia di sussistenza, per la quale, ipotizziamo, un macellaio che comprava carne dal produttore, doveva dare qualcosa di pari valore, come poteva essere uno spiedo di ferro o di bronzo, come poteva essere un tessuto, come poteva essere un coltello. Nel vendere il prodotto acquistato poteva solo ricevere generi alimentari; di sicuro niente di metallo, posto la scarso valore della quantità di carne venduta a piccole dosi. Ne conseguiva che, nella pratica, era del tutto impossibile gestire col sistema del baratto una qualsiasi attività di commercio,con qualche eccezione, per come si dirà.
Si aggiunga che, nella norma, ogni cittadino greco produceva ogni utilità necessaria, come anche la lana, che veniva cardata e filata, il lino e la ginestra, trattati con un màngano per poter essere filati, per fare lenzuola, vestiti o altro.
Fuori da questo schema sicuramente erano i pescatori, che vendevano il loro prodotto casa per casa, ricevendo in cambio una minestra di cereali, anche carne se il proprietario aveva macellato, oppure formaggio o pane. Ma non erano greci.
Fuori dallo schema erano anche le seguenti attività artigianali, come di sicuro il fabbro ferraio, che preparava spiedi, coltelli, e anche specchi di notevole valore, essendo emersi dagli scavi oggetti raffinati, come gli specchi, con manici con figure a tutto tondo, tanto che Locri veniva chiamata la polis degli specchi. Ancora, sicuramente i muratori, ma soprattutto i falegnami. Non solo per porte e finestre; per tavoli, letti, mobili per la casa e sedili prandiali, ma soprattutto per le navi.
Lo ricaviamo da Eraclito Lembo, che parla solo “contadino che vende direttamente (i suoi prodotti). E non altro”.Locri era la più grande costruttrice di navigli, e produttrice di legno (abete bianco e rosso) per le triremi e anche per la loro calafatura. Tanto che si ripete che ci fu un tempo, dopo il 250 a.C., che i due terzi di tutte le navi che solcavano il Mediterraneo venivano prodotti con legname locrese. La scomparsa delle Tabelle di Zeus, ridotte solo a 32, non da possibile ricavare niente, ma è un’ipotesi più che plausibile che tutta questa ultima attività appartenesse alla polis e venisse gestita dal Tempio di Zeus, non diversamente degli affitti dei terreni al di là del Fiume Alex.
Non veniva certamente gestita dall’Erario la costruzione di piccole barche per la pesca, che era possibile scambiare con beni di consumo o altro.
Una seconda considerazione che si può fare è questa. Tutti i greci avevano il Klèros, come base di sussistenza, per cui questi artigiani non erano di sicuro greci, ma Siculi, Enotri o Morgeti. I Siculi, peraltro, nell’artigianato, specialmente nella lavorazione del ferro e del bronzo, avevano una tecnica raffinata, tanto che dagli scavi si evince anche un modo di fondere il ferro in unione col bronzo non molto diversamente dall’acciaio odierno. Il ritrovamento della fonderia a Rodi (della quale si è già parlato), su questo punto è di grandissimo aiuto.
D’altronde dalla lettera dell’affermazione di Eraclide Lembo, funzionario egiziano, non si trae la esistenza di una norma che ponga dei divieti, ma vi è solo una constatazione di fatto: “Tra di loro (i Locresi) non vi sono negozi di vendita al dettaglio, ma il contadino vende i suoi prodotti (direttamente).”Certamente, tutto cambia con l’introduzione del nomisma. Gli artigiani e i commercianti sono la nuova classe forte. Ha aiutato la loro crescita anche la decadenza del Klèros,che non è più sufficiente a mantenere tantissimi nuclei famigliari. Lo stesso Klèros che nell’insediamento dei locresi, in contrada Janchina, li rendeva ricchi, si depauperava nel tempo, posto anche l’impossibilità di acquistare nuove terre, ma era solo data la possibilità di costruire altre case, che poi erano estranee al Klèros. Ma al tempo le locazioni non erano fiorenti.
Tutto questo Aristotele lo aveva intuito al punto che raccomandava che, unitamente al Klèros, fosse disposto che ogni famiglia si dovesse limitare a riprodurre sé stessa: ossia non più di due figli; così che nel tempo l’Unità immobiliare conservava il suo valore.
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