Di Luisa Ranieri
C’era, nel mezzo del patio del Palazzo del Nonno, un tavolino di pietra chiara con al centro una scacchiera a riquadri rosa e grigi che lui aveva voluto a tutti i costi vi fosse inserita ma che aveva potuto usare poco per via della vista che gli andò a diminuire lentamente fino a portarlo alla completa cecità.
Su quella scacchiera che lui non poteva usare ci esercitavamo, invece, noi piccoli, che ci eravamo fatti insegnare le mosse delle pedine soprattutto del gioco della dama ed eravamo diventati piuttosto bravi.
Il patio con la grande vite americana che abbracciava tutta la facciata est della casa e quel tavolo rotondo erano, per la loro frescura, il posto che il Nonno riservava di preferenza agli amici che venivano ogni tanto a fargli visita.
A ognuna di esse, faceva preparare dalla zia Concetta delle brocche contenenti del liquore con delle pesche o delle pere dell’orto messe dentro a macerare. E i pomeriggi per lui e il suo interlocutore trascorrevano così tra i ricordi dei tempi lontani e le preoccupazioni del presente.
Tra gli abituali frequentatori c’era un suo coetaneo, invalido di guerra per via delle gambe che gli erano saltate in aria durante un’operazione nemica al fronte e che alla nostra domanda dove le avesse messe, rispondeva sempre «in soffitta», rendendo, con quella risposta ironica, meno drammatica ai nostri occhi di bambini la visione della sua menomazione. E noi ci credevamo tanto che più di una volta facemmo anche una spedizione nella nostra (pericolante) soffitta per trovare i suoi arti perduti e riportarglieli poi belli e pronti per l’uso.
La guerra era, naturalmente, quella del ’15/18, la Grande Guerra, che, nel disegnare i confini del nostro Paese, ha segnato anche e in modo indelebile la vita di milioni di persone e delle loro famiglie.
Tratto da Sulla scacchiera della vita, Pag. 85
Sulla scacchiera della ricostruzione della sua vita (cfr. del Nonno e degli altri protagonisti della vicenda narrata), a me, che sto muovendo quelle della Memoria, mancano troppe pedine e troppe mosse perché il quadro ne risulti completo, mentre il Tempo, che sempre pensiamo ci appartenga, alla fine si è dimostrato il vero e unico vincitore della partita perché si è voracemente e velocemente mangiato tutte le pedine dei vari giocatori e attori di essa.
Tratto da Sulla scacchiera della vita, Pag. 92
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