Costume e SocietàLetteratura

Il cascinale restaurato e l’eredità dei ricordi

Storie d’altri tempi

Di Francesco Cesare Strangio

«Mio zio ha preso la discesa. È da un paio di giorni a questa parte che accusa una forte stanchezza. Non vorrei che se ne andasse senza vedere il cascinale restaurato.»
«Ci siamo presi sei giorni di vacanza, ma se dite così vuol dire che il giorno dopo ferragosto riprenderemo a lavorare
«Mi fareste cosa gradita. Ho sentito dire che ti sei fidanzato con Gladuela Chinnici… risponde al vero?»
«Sì! Alla fine del mese facciamo la prima promessa. Spero che vostro zio stia bene per celebrare il mio matrimonio: ci tengo tanto che sia don Angelo a farlo!»
«Lo spero anch’io!»
I due s’intrattennero a lungo nel dialogo.
Nel frattempo, Eleonora a sicca se n’era andata lasciando da sola Teodora, che prese a chiacchierare con Nicoletta.
I rintocchi della campana avvisarono che stava per avere inizio la messa. Mario, dopo aver guardato l’orologio, salutò Marco, uscì dal bar e, a passo svelto, si diresse verso casa.
Marco si avvicinò al bancone e, non avvedutosi che Nicoletta stava nella saletta, prese a guardarsi in giro.
«Arrivo!»
La voce di Nicoletta irruppe nel salone.
«Fai con comodo!» rispose Marco.
«Quanto devo per le consumazioni?»
Nicoletta, dopo aver consultato il taccuino delle ordinazioni, disse: «Niente! Ha già pagato Mario!»
Marco salutò i presenti e andò in piazza, dove si fermò per un attimo davanti all’ufficio postale.
In cuor suo ringraziò il Padre Eterno per non aver trovato alcun ostacolo durante l’appropriazione dei cinquecento milioni senza aver versato una sola goccia di sangue. Nello stesso tempo gli passarono, come in un film, le immagini delle ore trascorse nella cantina sotto la posta.
Il suono della campana si rifece sentire con insistenza, era il segnale che da lì a poco don Angelo iniziava a celebrare la Santa Messa.
Fino a quando visse il nonno Marco, don Angelo andava con una certa frequenza a fargli visita. D’inverno si accomodavano vicino al caminetto e, dopo aver mandato giù un paio di bicchierini di passito, prendevano a disquisire di filosofia.
Don Angelo era entrato al seminario pochi mesi prima che il nonno di Marco scappasse per fare ritorno al paese.
Quel breve periodo trascorso al seminario, creò le basi per una lunga e sincera amicizia.
Mario raccomandò a Marco di fare i lavori di ristrutturazione del cascinale il più presto possibile, temeva che lo zio potesse trasumanare da un giorno all’altro.
Il giorno di ferragosto arrivò in fretta e con altrettanta velocità andò via. Il giorno seguente la squadra si presentò sul posto di lavoro presso il cascinale della famiglia di don Angelo. Marco, per bruciare le tappe, disturbò Mezza Cazzuola, Salvatore, Antonio Mezza Salma e Cosimo.
Con la nuova forza lavoro, il cantiere iniziò a camminare con straordinaria velocità; Marco non faceva in tempo a scaricare l’ape, stracarica di materiale, che doveva ripartire per andare a fare un altro viaggio.
Con due giorni d’anticipo rispetto alla celebrazione della prima promessa, il lavoro di ristrutturazione del cascinale della famiglia di don Angelo fu ultimato.
All’indomani, verso la decima ora del giorno, Mario accompagnò lo zio prete a vedere il cascinale. Don Angelo, anche se acciaccato e sofferente, era visibilmente contento di rivedere il manufatto rimesso a nuovo. Il legno scuro degli infissi brillava, il tetto metteva in bella mostra le tegole nostrane posate alla perfezione; i pavimenti in cotto calabrese erano stati posati a lisca di pesce e spiccavano in modo straordinario.
I grandi pini, attorno al cascinale, erano stati cimati da sembrare tanti ombrelli aperti per proteggere della pioggia. Il grande cancello di ferro, sotto l’arco di pietra, era stato sabbiato e riverniciato di colore nero. Tutto si presentava sotto la luce della magnificenza.
Don Angelo si fece accompagnare a visitare la terra: da come si muoveva e dal contenuto delle sue parole, lasciava presagire che non sarebbe più ritornato da quelle parti.
Sul volto di Mario si dipinse la tristezza che si portava nel cuore. Vedere il fratello minore di suo padre che s’incamminava lungo la via che portava verso l’ignoto lo fece scivolare nella buia valle della depressione.
Marco, per allontanare quel cupo alone che aleggiava sopra di loro, ricordò al parroco quando andava a fare visita al nonno Marco.
Il ricordo di quei tempi illuminò il volto del prete, che iniziò a raccontare di quella mattina che non trovarono Marco al seminario.
«Sapendo della decisione di tuo nonno, quella notte non ho chiuso occhio perché aspettavo, da un momento all’altro, che arrivasse per salutarmi.
Erano le tre di notte, quando sentì una mano toccarmi un piede. Era da poco che il sonno mi aveva portato oltre la soglia del cosciente; quel tocco mi fece svegliare di soprassalto.
Tuo nonno, a bassa voce, mi disse che era arrivata l’ora della partenza. Mi alzai, lui mi abbracciò e mi augurò buona fortuna.
Mentre tuo nonno guadagnava l’uscita del palazzo, mi appoggiai alla finestra, la fioca luce dei lampioni mi permise di seguirlo con lo sguardo fino all’angolo della piazza…
»

Redazione

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