Costume e SocietàLetteratura

Marco e Gladuela: tra tradizione e tensione famigliare

Storie d’altri tempi

Di Francesco Cesare Strangio

Informata la comare Angelina della decisione presa, lei rispose: «Adesso è mia cura preparare tutto. Mi raccomando, vestiti come Dio comanda e tieniti pronto per le otto.»
«Restiamo così!» rispose Marco.
Marco ossequiò, come sempre, la madrina e guadagnò l’uscita.
Mentre andava al cantiere del cascinale della famiglia di don Angelo, vide Agazio all’angolo del bar Carducci che andava avanti e indietro come se aspettasse qualcuno. Dopo neppure un minuto, comparve la macchina di Cosimo Mezza Cazzuola; parcheggiò al solito posto e scese. I due si salutarono e si avviarono verso il bar, dove c’era Salvatore.
Marco fece le sue cose con tutta calma; sapeva che gli amici di solito rimanevano incollati al tavolo per molto tempo.
La storia tra Agazio e la figlia del Carducci era andata a finire in malora, ma ciò non tolse che rimanessero amici.
Marco entrò e prese posto al tavolo dei due vecchi compagni. All’angolo, a pochi metri, gli occhi acuti di don Angelo osservavano compiaciuti i tre vecchi amici; esitò un istante e poi disse: «Il vecchio gruppo si sta per ricomporre?»«Chissà… i disegni di Dio non li conosce nessuno» rispose Marco.
«Su questo hai proprio ragione. Comunque, posso affermare che eravate i migliori.»
Al tavolo di don Angelo mancava don Giulio, erano passati due mesi da quando, per una bronchite, aveva abbandonato questa terra. Dalla morte di don Giulio, don Angelo si accompagnava al bar con Antonio il sacrestano. Per don Angelo non era la stessa cosa; don Giulio era un suo coetaneo e, in più, tra le loro famiglie, correva buon sangue da vecchia data. Dopo la dipartita di don Giulio, sul volto del parroco si fece strada un velo di tristezza.
Il sabato arrivò in fretta, Marco prese la macchina che teneva in garage e passò dalla casa di comare Angelina. Stava per arrivare l’ora di varcare la soglia della casa Chinnici. I genitori della promessa sposa erano passati a miglior vita da un pò di anni, quindi la giovane donna era rimasta assieme ai due fratelli che aspettavano di sistemarla prima di cercar moglie.
Quella sera donna Angelina era vestita di tutto punto, sembrava una signora dell’alta nobiltà londinese. Lo stesso Marco aveva addosso un vestito della Facis blu scuro, camicia bianca e una cravatta che s’intonava con il vestito. Comare Angelina lo squadrò da cima a fondo; trovando la cravatta leggermente fuori posto, si adoperò a sistemarla. Dopo un secondo controllo, avendo riscontrato che tutto era in perfetto ordine, mossero verso la casa dei Chinnici. Donna Angelina raccomandò Marco di baciare la mano alla futura moglie perché, a suo avviso, una tale cortesia sarebbe stata gradita molto dai fratelli di Gladuela.
La futura sposa abitava a circa cinquecento metri da Marco.
La Lancia Appia nera di Marco parcheggiò davanti alla casa dei Chinnici. Il giovane scese dall’auto e andò ad aprire la portiera alla sua madrina. Dalla finestra del salone il fratello maggiore di Gladuela, coglieva la scena.
La casa dei Chinnici era a un piano fuori terra e si distingueva dalle altre, ma non era, per grandezza, alla portata della villa di Marco.
Donna Angelina camminava alla destra del figlioccio; era così elegante che per un attimo non la riconobbero. Arrivata davanti alla porta, Marco batté tre volte con il picchiotto. Poco dopo, l’uscio fu aperto dal fratello minore della promessa sposa che, con modi garbati, li invitò ad accomodarsi in casa.
Al centro del salone c’era il fratello maggiore che li attendeva; indossava un vestito marrone, con sotto una camicia bianca e non portava la cravatta. Dopo aver fatto gli onori di casa, accogliendo i due come imponevano i rigidi dettami delle tradizioni, li fece accomodare al grande tavolo. Comare Angelina, donna navigata qual era, guidò i giochi a tal punto che gli ospiti subirono il fascino dell’adulazione e rimasero ammirati dalla sua eloquenza. Il fratello maggiore comandò al minore di fare entrare Gladuela. Alzatosi, mosse verso la camera accanto. Il tempo che impiegò il giovane, per Marco parve un’eternità. In breve tempo apparve sulla stessa porta, da dove era transitato il fratello, Gladuela. Marco ebbe un tuffo al cuore, la ragazza arrossì in volto: l’emozione portò Gladuela a rimanere in silenzio.
Marco si alzò, era rimasto abbagliato dalla bellezza della promessa sposa. Marco si mosse deciso e le andò incontro; seguendo i consigli di donna Angelina, s’inchinò e le baciò la mano.
Gladuela, come risposta al bacio della mano, fece un leggero inchino.
Ai fratelli della promessa sposa si schiarì il volto: l’antico odio tra le due famiglie, ebbe fine.
A quei tempi, quando l’uomo si presentava a casa della donna per ufficializzare il fidanzamento, era tradizione che si pattuisse cosa e quanto si portava in dote. I due fidanzati non dovevano parlare, toccava ai rispettivi genitori negoziare la dote. Nello specifico, essendo i genitori di entrambi morti, toccava ai fratelli e, nel caso di Marco, alla sua madrina.

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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