Attualità

La morte dell’editoria digitale e le paure (infondate) che l’IA ci disumanizzi

Pensieri, parole, opere… e opinioni

Negli ultimi giorni, una forma particolarmente aggressiva di malanno di stagione mi ha obbligato a isolarmi un po’ dal mondo, finendo inevitabilmente per non restare aggiornato sulle ultime novità dal Bel Paese. L’ultima notizia veramente degna di nota sulla quale mi è capitato di riflettere a lungo, pertanto, è stata un’analisi molto lucida sullo stato attuale dell’editoria digitale che mi è capitato tra capo e collo alla fine della scorsa settimana.
L’autore è Antonio Moro, esperto di cultura pop e, come siamo ormai abituati a definire i lavoratori autonomi del web come lui, content creator che, con un suo articolo che vi consiglio di leggere, non si limita a denunciare il declino dell’editoria digitale, ma ne celebra la dipartita con il sarcasmo di chi, disilluso, ha ormai smesso di credere alle sue promesse. Il web, quel glorioso faro di democrazia informativa, è infatti scomparso, e non ha nemmeno avuto la decenza di spirare eroicamente; si è lasciato scivolare in una pozza di pubblicità invadenti e algoritmi dominanti. Il colpevole? Un’equazione spietata: contenuti gratis = pubblicità aggressiva = disumanizzazione.
La tragedia si è consumata in un teatro in cui gli attori non erano giornalisti, ma algoritmi. Google e Facebook, i grandi registi, hanno dettato le regole, trasformando gli scrittori in automoti che compongono titoli acchiappaclick e articoli vuoti per inseguire un traffico effimero. Che importa se il lettore abbandona il sito dopo cinque secondi? Il punto non è informarlo, ma monetizzarlo, uno scorrimento di pagina alla volta.
Nel suo pezzo, Moro non risparmia parole forti nel descrivere lo stato attuale dei siti editoriali, usando un poco lusinghiero quanto efficace “merda ricoperta di merda”. È un’espressione che evoca piuttosto bene la sovrabbondanza di banner, pop-up e contenuti irrilevanti che infestano il web. Non c’è da meravigliarsi se il pubblico fugge verso piattaforme meno invadenti o, addirittura, verso un nostalgico ritorno alla carta stampata.
Eppure, questo non è altro che il frutto di un’evoluzione prevedibile. L’informazione, un tempo rifugio per appassionati e intellettuali, è diventata un campo di battaglia per inserzionisti e piattaforme pubblicitarie. Il lettore? Un accessorio sacrificabile, ridotto a un “click” senz’anima.
Ironia della sorte, aggiungo io, oggi si teme che sia l’intelligenza artificiale a disumanizzare l’informazione. Ma, diciamolo chiaramente, il lavoro sporco era già stato fatto. L’IA è solo l’ultimo capro espiatorio di un sistema che ha abbandonato la qualità e l’identità per rincorrere la quantità.
Il paradosso, aggiungo io, è che oggi sento sempre più spesso le persone lamentarsi della possibile omologazione dei contenuti generati dall’intelligenza artificiale. Un timore assolutamente privo di senso, considerato che l’editoria ha già barattato la sua autenticità per un pugno di visualizzazioni.
L’idea che l’IA possa disumanizzare l’informazione è quindi del tutto paradossale. Il lavoro di “disumanizzazione” è stato meticolosamente svolto dagli esseri umani, guidati non dall’etica, ma dalle logiche di mercato. Abbiamo svenduto l’informazione e ora ci indigniamo se una macchina ci emula?
Piuttosto, strizzando l’occhio alla conclusione dell’editoriale di Moro: “Il web è morto, lunga vita al web”, sarebbe il caso di cominciare a immaginare quali possano essere, nel caos attuale, gli spazi utili a una rinascita. Piccole comunità e progetti editoriali di nicchia possono rappresentare un timido ritorno alle origini. Ma questa volta dobbiamo sperare che questi resistenti, già tanti al momento poco visibili a causa della loro imperante lotta agli algoritmi, restino immuni alla febbre del traffico a tutti i costi e che sappiano mantenere vivo il senso di umanità e passione che, un tempo, era il cuore pulsante dell’informazione.
Anche di quella online…

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button