Costume e SocietàCronaca

“Il ragazzo dai pantaloni rosa” e la piaga del bullismo che non smette mai di fare male

Di Greta Panetta – studentessa del Liceo Classico Ivo Oliveti di Locri

“Un film che tratta di bullismo è stato oggetto di insulti omofobi”. Questa frase lascia sorpresi, soprattutto quando si cercano informazioni su una produzione che si intende vedere. Aprendo il sito in cui compare questa espressione, ci si rende conto che la notizia è vera e più si legge, più si fa fatica a credere come sia possibile che battute squallide siano state fatte su un tema così delicato. Andando avanti con la lettura ci si rende conto che gli autori di questi insulti crudeli e irrispettosi sono stati dei ragazzi di circa quindici anni, che avrebbero dovuto assistere alla proiezione per comprendere la portata immensa del dramma che racconta, e invece hanno pensato solo a denigrarlo e a sminuirne l’importanza. Stiamo parlando de Il ragazzo dai pantaloni rosa che narra la storia di Andrea Spezzacatena, giovane romano che, nel 2012, all’età di soli 15 anni, a causa del bullismo, si è tolto la vita. A distanza di dodici anni, questa piaga si ripresenta con la stessa violenza che ha spinto quel giovane a compiere la scelta più orrenda, con la differenza che se all’epoca quei comportamenti spregevoli erano rivolti a una sola persona con l’obiettivo di frantumarne l’identità, oggi quella stessa cattiveria viene amplificata dai nuovi strumenti di comunicazione, che altro non fanno se non dare prova della superficialità che affligge le nuove generazioni. Negli ultimi 10 anni, infatti, l’utilizzo sempre più intensivo dei social network ha fatto da cassa di risonanza per le dinamiche del bullismo, con i giovanissimi che sempre più di rado si rendono contro che battute anche banali potrebbero avere conseguenze molto pesanti su chi invece si dimostra più sensibile a certi argomenti. Dopo la proiezione del film, la madre di Andrea, Teresa Manes, ha sottolineato che i motivi di questi comportamenti risiedono in un’educazione carente all’empatia e al rispetto da parte degli adulti. Con un’adeguata preparazione al tema, si spera, quei ragazzi avrebbero infatti mantenuto un atteggiamento molto più rispettoso. Ma un altro male che amplifica questo tipo di condotta, come sottolineato sempre dalla Manes, risiede indubbiamente in quella “forma più subdola della violenza” che è l’indifferenza, sentimento alimentato non solo da una mancanza di educazione tra le mura domestiche o da un’adeguata preparazione scolastica al senso civico, ma probabilmente anche dalla volontà di proteggersi da un mondo che sarebbe altrimenti troppo crudele da sopportare. Il problema, piuttosto, è che non ci si rende conto che rimanendo indifferenti al male si tende purtroppo ad alimentarlo a dismisura. Che dire poi dell’ignoranza, spesso figlia di quella disinformazione che non permette di comprendere le conseguenze della propria condotta? Quanto accaduto ha trasformato un’occasione di riflessione su temi come l’omofobia e il bullismo in un’opportunità mancata e il fatto che i protagonisti di questa vicenda siano dei giovanissimi ci mette dinanzi all’evidenza che, ancora oggi, la società vive di stereotipi che, inevitabilmente, creano situazioni ai limiti dell’orrendo.

Foto: mymovies.it

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