Trasparenza e finanziamento dei partiti: norme, rischi e prospettive future
Le riflessioni del centro studi
Di Giovanni Passalacqua – Avvocato del Foro di Roma
Merita sottolineare (in materia di finanziamento indiretto costituito a esempio da rapporti tra il politico detentore di quote sociali e dominus di una società destinataria di finanziamento illecito) che il presidio penale costituito dal combinato disposto tra gli articolo 4 primo comma, della Legge nº 659 del 1981 e dell’art. 7 L. nº 195 del 1974, non attribuisce alcun rilievo alle ragioni che sottendono il finanziamento, bensì alla sola qualità soggettiva del ricevente, non essendo stabilita alcuna connessione funzionale tra questa qualità e la funzione, visto che il divieto riguarda i finanziamenti erogati in qualsivoglia forma o in qualsiasi modo, anche indirettamente, ai soggetti indicati dall’art. 4 della L. 659/1981.
Soluzione, questa, perfettamente coerente con l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice del finanziamento societario occulto, tesa a tutelare la trasparenza delle fonti di finanziamento dei partiti politici a garanzia di un corretto esercizio del potere sovrano di concorrere a determinare la politica nazionale, e quindi nel correlato criterio ispiratore che vuole porre il cittadino in condizioni di conoscere i rapporti tra i detentori del potere economico e i partiti o i singoli membri del Parlamento.
Proprio le parole da ultimo citate, rendono chiare le ragioni sottese al diverso grado di presidio che il legislatore ha ritenuto di approntare all’interno del cordone sanitario teso a garanzia dell’operare trasparente, autonomo e imparziale del Pubblico Decisore.
Sono evidenti le ragioni per cui si è inteso limitare il più severo livello sanzionatorio proprio nei confronti del cosiddetto finanziamento societario occulto, certamente quello più rilevante e insidioso, essendo esso direttamente riconducibile al potere economico-finanziario e agli interessi che possono muoverlo e che di più possono indebitamente influire sulla gestione e sulle scelte politiche.
Non si è ritenuta invece la necessità del più rigoroso sistema sanzionatorio penale per l’ipotesi di finanziamenti individuali, per quanto anch’essi erogabili – al pari di quelli societari – nei limiti di centomila euro l’anno per ciascun possibile destinatario: come si è detto per essi vale l’apparato sanzionatorio di carattere amministrativo previsto dal comma sesto dell’art. 4 della L. 659/81 attivabile nel caso di mancata dichiarazione congiunta entro i termini indicati o di dichiarazione non veritiera quanto agli importi.
La selezione e la gradualità dei livelli di presidio e di reazione all’illecito a seconda del conferente e della condotta tenuta, dovrebbe essere bilanciata dall’ampio sistema di prescrizioni approntati (per la verità a carico dei soggetti terzi più che dei partiti, su cui gravano anche obblighi propri di trasparenza e democraticità) dalle norme che si sono succedute e da ultimo con la L. 3/2019, ciò al fine di garantire pubblicità e trasparenza nei rapporti tra i soggetti politici in senso stretto e gli enti, primi tra tutti le fondazioni, che con essi possono relazionarsi.
Cero è che l’abolizione del finanziamento pubblico ha dovuto necessariamente lasciare molto campo alla contribuzione privata assumendo i rischi di una pericolosa distorsione: ora si tenta di arginare questi rischi acuendo il regime dei controlli.
Sarà sufficiente (e soprattutto idoneo) l’aumento e l’irrigidimento delle prescrizioni a garantire l’autonomia e l’indipendenza dei partiti rispetto al rischio di sollecitazioni indebite coltivate attraverso illecite corresponsioni? Ancora non è dato sapere.
In attesa che vada a pieno regime il più rigoroso sistema introdotto dalla L. 3/2019 al fine di valutarne l’efficacia, è certo che alcuni ambiti vadano meglio regolamentati; ci si riferisce ad esempio ai finanziamenti esteri e, ancora ad esempio, al tema afferente le garanzie patrimoniali prestate a favore dei partiti.
Ma soprattutto da più parti e con sempre maggiore insistenza si sostiene la necessità della regolamentazione dell’attività di lobbing e di una maggiore aderenza alle sollecitazioni, in particolare da organismi eurocomunitari, finalizzate a predisporre strumenti atti a prevenire condotte latu sensu corruttive.
Pare, a chi scrive, che porre mano a queste materie significherebbe voler puntare direttamente ed efficacemente al cuore delle ragioni di presidio, con il concomitante obiettivo di semplificare, piuttosto che complicare con normative affastellate, complicate e spesso dettate dalla mera contingenza o dalle diverse sensibilità politiche che si succedono.
Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 18/11/2023