Il ciclo pericoloso: quando conflitti e sfruttamento dell’ambientale si rafforzano a vicenda
Quel che Nessuno vi ha detto
Bentornati a Quel che Nessuno vi ha detto, rubrica con la quale ogni settimana ci immergiamo nelle profondità dell’attualità per scoprire ciò che potrebbe sfuggire alla superficie.
La Giornata Internazionale per la Prevenzione dello Sfruttamento Ambientale e delle Guerre nei Conflitti Armati, celebrata il 6 novembre, è un’occasione per riflettere sulle drammatiche conseguenze di conflitti e sfruttamento ambientale sul nostro pianeta e sul futuro delle nuove generazioni. Istituita dalle Nazioni Unite, questa data ci ricorda di non ignorare guerre che distruggono ecosistemi, inquinamento senza confini e risorse naturali saccheggiate. La devastazione ambientale, vittima collaterale dei conflitti, intensifica crisi esistenti e alimenta un circolo vizioso di povertà, disuguaglianza e instabilità.
La connessione tra sfruttamento ambientale e conflitti è oggi più evidente che mai. Molti scontri hanno alla radice il controllo di risorse come petrolio, gas, minerali e acqua, elementi essenziali per la sopravvivenza di intere popolazioni e di economie nazionali. Tuttavia, l’avidità e la mancanza di regolamentazioni adeguate hanno permesso a gruppi armati, multinazionali e governi di approfittare della fragilità di alcuni territori, degradandone il suolo, l’aria e l’acqua, senza alcun riguardo per le comunità locali e per l’ambiente. In queste situazioni, il valore della natura viene ridotto a una semplice fonte di guadagno immediato, perdendo di vista il suo ruolo vitale per l’equilibrio ecologico e sociale.
Nei conflitti armati, oltre alle vittime umane, assistiamo alla morte di interi ecosistemi: foreste abbattute, fiumi avvelenati, suolo contaminato da sostanze tossiche e biodiversità annientata. Il risultato è una catastrofe ecologica che spesso porta a danni irreversibili, impoverendo non solo chi vive oggi, ma anche le generazioni future. La fauna e la flora, elementi vitali per l’equilibrio ecologico, scompaiono a causa dell’inquinamento e della distruzione degli habitat, creando desertificazione, scarsità di risorse e migrazioni forzate. Questo sfruttamento indiscriminato, motivato dall’interesse economico e dalla sete di potere, colpisce in primo luogo le popolazioni locali, costrette a subire le conseguenze di un modello di sviluppo distruttivo e insostenibile.
In un mondo in cui il cambiamento climatico è un problema impellente, ignorare la dimensione ambientale delle guerre equivale a commettere un errore di proporzioni globali. La crisi climatica non è una minaccia astratta ma una realtà già presente, e ogni conflitto che coinvolge risorse naturali intensifica questa emergenza. La scarsità di risorse come l’acqua e le terre fertili non fa altro che alimentare nuovi conflitti, aggravando situazioni di tensione già esistenti e rendendo difficile ogni sforzo di pace e sviluppo. Gli effetti combinati del cambiamento climatico e dello sfruttamento irresponsabile delle risorse minacciano di creare un ciclo pericoloso: da una parte la degradazione ambientale aumenta il rischio di conflitti, e dall’altra i conflitti aggravano ulteriormente la crisi ambientale, generando un vortice di distruzione reciproca.
La protezione dell’ambiente diventa, dunque, anche una questione di sicurezza globale. Difendere le risorse naturali e promuoverne un uso sostenibile significa non solo garantire una vita dignitosa alle generazioni presenti e future, ma anche costruire un mondo più stabile e giusto, dove le cause profonde delle tensioni vengano affrontate e disinnescate. Investire in pratiche sostenibili, preservare i territori e sviluppare politiche di cooperazione internazionale rappresentano opportunità per ridurre le fonti di attrito, favorire la pace e sostenere uno sviluppo che rispetti l’equilibrio del pianeta. La salvaguardia dell’ambiente non è più un lusso o una scelta opzionale: è un obbligo morale e una necessità urgente per garantire la sopravvivenza e il benessere di tutte le forme di vita.
Eppure, la celebrazione della giornata appena trascorsa assume un significato molto più ampio in virtù di cosa ci ha riservato la storia. Mentre in tutto il mondo si sarebbe dovuto riflettere sull’importanza di preservare il nostro ambiente e fermare i conflitti, dall’altra parte dell’Atlantico si proclamava infatti la vittoria di Donald Trump alle Presidenziali degli Stati Uniti. Durante la sua campagna, l’ormai Presidente eletto non ha mai nascosto la sua indifferenza (o, peggio, il suo disprezzo) per le questioni ambientali e di politica estera responsabile. Con promesse di rilancio delle industrie fossili e scarsa attenzione ai protocolli per il clima, ha dimostrato quanto poco peso abbia dato a quei valori che la giornata del 6 novembre dovrebbe incarnare. Risulta quasi paradossale pensare che, proprio mentre l’ONU chiedeva attenzione verso il nostro pianeta e impegno per fermare le guerre, l’uomo più potente del mondo d’ora in avanti sembra voler percorrere una direzione contraria. Un’amara ironia che il mondo si ritrova a osservare, sospeso tra la speranza e il timore di un futuro che pare allontanarsi dagli ideali di pace e rispetto per la Terra.