Chiarimenti giuridici sui finanziamenti illeciti ai candidati sindaci
Le riflessioni del centro studi
Di Giovanni Passalacqua – Avvocato del Foro di Roma
Pare opportuno ricordareche la fonte giurisprudenziale ha colmato anche quella che appare essere una lacuna a livello normativo in ordine all’applicabilità o meno della disciplina sanzionatoria penale a un candidato sindaco, destinatario di finanziamenti corrisposti in violazione del duplice requisito prescritto dall’articolo 7.
La soluzione è ricavabile dalla disamina del presidio penale fornito da combinato disposto tra gli art. 7 della Legge 195 del 1974 e 4 della L 659 del 1981, da una parte e le norme del Testo Unico Enti Locali (art. 31 comma 1, 71 c 9 e 73 c 11) e della L nº 81 del 1993 dall’altra, nonché dai principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale.
Infatti, per quanto il candidato sindaco non risulti espressamente inserito tra i soggetti elencati dall’art. 4 citato come destinatario di possibili finanziamenti illeciti (si badi anche al fatto che, al momento di entrata in vigore della L 659/81, il sindaco non era eletto direttamente dal corpo elettorale, il che spiega l’assenza della sua figura in quella norma), tuttavia non solo non vi è ragione per consentire a questi ciò che ad altri è vietato ma, soprattutto, essendo il candidato sindaco per ciò stesso anche candidato alla carica di consigliere comunale (ruolo che conseguirebbe di diritto ove non venisse eletto quale primo cittadino), ne deriva il suo assoggettamento allo statuto penale.
Non si tratta di un’interpretazione analogica, bensì l’esito di una interpretazione testuale e fedele al dato normativo, intervenuta a colmare un mero difetto di coordinamento tra la legge nº 659 del 1981 e la legge nº 81 del 1993, in base al quale il candidato sindaco, nel momento in cui formalizza la sua candidatura, sa di essere candidato anche alla carica di consigliere comunale e, dunque, non può ricevere finanziamenti.
Utile a comprendere il sistema di gradualità e diversificazione nel presidio approntato a garanzia della liceità del finanziamento alla politica, è anche un pronunciamento recentemente reso dalla Corte di Cassazione in una vicenda in cui, invocandosi l’applicazione del principio di specialità, si era sostenutoche l’art. 7 della L nº 195 del 2 maggio 1974, sanzionerebbe penalmente solo le erogazioni dirette o indirette a partiti politici o alle loro articolazioni politico-organizzative, mentre l’art 4 c sesto, renderebbe evidente che il contributo erogato alle persone fisiche indicate dal primo comma dello stesso art. 4 non integrerebbe illecito penale, ma solo un illecito amministrativo, in quanto si tratterebbe di condotta oggetto di depenalizzazione ex art 32 della L 689/1981.
Orbene, può dirsi chiaro che il disposto del sesto comma non vale a rendere inoperante il disposto del c terzo dell’art 7 L 195/1974, visto che, mentre l’art 7 citato individua precetti di trasparenza e ne punisce la violazione individuando un regime esclusivo per le società eroganti, l’art 4 sesto c si riferisce esclusivamente ai contributi erogati dalle società indicate dall’art. 7 secondo c (finanziamento occulto societario), ma solo ove regolarmente deliberati e regolarmente iscritti in bilancio e dei quali invece manchi solo la dichiarazione congiunta.
Inoltre è da escludersi un rapporto di specialità tra la fattispecie risultante dal combinato disposto dell’art 7 L 195/1974 e dell’art 4 c primo L 659/1981 e quella di cui al comma sesto del citato articolo, atteso che la prima norma ha ad oggetto i divieti concernenti i finanziamenti erogati dai soggetti giuridici indicati dall’art 7 L 195/1974 sia a partiti politici, loro organizzazioni politico-organizzative e gruppi parlamentari, sia, anche indirettamente, ai soggetti indicati dal c 1 dell’art 4 L 659/1981 (quindi anche ai singoli), mentre la seconda norma (sesto c dell’art 4 citato), disciplina e sanziona amministrativamente la violazione degli obblighi relativi alla presentazione di una dichiarazione congiunta del soggetto erogante e del soggetto ricevente, che deve pervenire entro determinati termini.
Ne deriva che quest’ultima presuppone che si sia al di fuori della fattispecie penalmente rilevante ed anzi si riferisce a contributi erogati dalle società di cui all’art 7, secondo comma, della legge nº 195 del 1974 deliberati e iscritti in bilancio che necessitano solo della dichiarazione congiunta: se così non fosse, la doverosa dichiarazione congiunta finirebbe paradossalmente per integrare un dovere di autodenuncia.
Continua…
Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 18/11/2023