L’appropriazione indebita di beni culturali
La tutela penale dei beni culturali
Di Francesco Donato Iacopino, Emanuele Procopio, Giovanni Passalacqua ed Enzo Nobile
La fattispecie delittuosa di appropriazione indebita di beni culturali è disciplinata dall’articolo 518-ter del Codice Penale, che testualmente così recita:
Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria di un bene culturale altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da 516 a 1.500 €.
Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.
Anche il reato di appropriazione indebita di beni culturali alla stessa stregua del precedente reato di furto è da considerarsi di un reato comune di mera condotta posto che il legislatore, sempre a mezzo l’utilizzo del pronome chiunque, ha inteso riferire la condotta a tutte le categorie di soggetti come possibili autori del reato, che si realizza mediante l’appropriazione da parte di un soggetto che, a qualsiasi titolo, ha la detenzione o il possesso di un bene mobile che è di proprietà di altro soggetto privato o persona giuridica, tra cui lo Stato, che gli ha affidato la custodia, la detenzione o il possesso.
In sostanza il reato di appropriazione indebita si differenzia dal reato di furto in quanto il soggetto attivo del reato di appropriazione indebita ha già il possesso del bene ma non ha il potere di disporre dello stesso, mentre il soggetto attivo del reato di furto non ha il possesso del bene ma lo acquista mediante la sottrazione al legittimo proprietario.
Questa distinzione ha iniziato già a prendere forma nel tardo medioevo, epoca in cui i giuristi hanno incominciato a operare la distinzione tra furtum proprium e furtum improprium proprio in virtù del fatto che, nel caso di furtum improprium, la condotta consisteva nella impropria attività di disposizione del bene tenuto in possesso, mentre in epoca più remota (come può riscontrarsi dalla lettura delle XII Tavole e del Digesto) l’appropriazione indebita era contemplata nel reato di furto (furtum).
Il bene giuridico tutelato dalla norma è sempre da intendersi il patrimonio culturale che, secondo la sua dizione letterale utilizzata dal legislatore, comprende gli immobili e le aree indicati all’art. 134, costituenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio, e gli altri beni individuati dalla legge.
La condotta materiale del reato consiste nella mutazione del possesso in proprietà.
La mutazione del possesso in proprietà ai fini della configurazione del reato presuppone che il possessore si comporti verso la cosa come se fosse propria, non essendo necessaria l’alienazione o la distrazione del bene anche se in dottrina vi è anche chi individua la consumazione del reato solo a seguita della condotta di alienazione o di distrazione della cosa mobile.
In casi particolari ai fini della individuazione della condotta delittuosa concorre l’atteggiamento psichico del soggetto attivo, da distinguersi dal elemento psicologico del reato (il dolo), ovvero ciò si verifica in tutte quelle ipotesi in cui questi in costanza di possono del bene agisce come se questo sia proprio, attribuisce una destinazione incompatibile con il titolo e le ragioni del possesso e quando rifiuta deliberatamente di restituire il bene al proprietario che ne fa legittima richiesta di restituzione.
L’elemento psicologico, invece, è rappresentato dal dolo specifico che consiste in un comportamento cosciente della volontà di appropriarsi del bene culturale sapendo di agire senza averne diritto e al precipuo scopo di trarre un ingiusto profitto, quanto al concetto di profitto si rimanda a quanto già rappresentato nella trattazione del precedente reato di furto.
Da ciò consegue che ai fini della integrazione della fattispecie delittuosa de qua non è sufficiente la sola volontà di appropriazione ma occorre che il soggetto attivo del reato dalla interversione del possesso se ne giovi di un profitto che non risulterebbe giustificato dal solo possesso.
La fattispecie delittuosa in esame prevede una circostanza aggravante comune nel caso in cui il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario atteso che il legislatore nel prevederla si è limitato ad affermare che la pena è aumentata.
Tratto da La tutela penale dei beni culturali, Key Editore