Costume e Società

Don Pietro Romeo: “Dobbiamo ristabilire un rapporto con il tessuto religioso della Locride”

Quattro chiacchiere con…

In un periodo di grande fermento per la comunione ecclesiastica della Locride, abbiamo deciso di ascoltare il parere di Don Pietro Romeo, vicario del vescovo della diocesi di Locri-Gerace, Monsignor Francesco Oliva. Questa intervista ci offre l’opportunità di approfondire le dinamiche e le sfide che la Chiesa locale sta affrontando, così come la direzione intrapresa per rispondere alle esigenze spirituali e sociali della comunità. Attraverso le parole di Don Pietro, ci proponiamo di comprendere meglio come la Chiesa si stia rinnovando e adattando ai cambiamenti del nostro territorio, cercando di mantenere viva la fede tra le nuove generazioni.
Durante il recente incontro promosso dalla Fondazione Scannapieco, nel quale la Chiesa è stata presente, con gli interventi della direttrice della Caritas Carmen Bagalà e Don Fabrizio Cotardo, il professore Vincenzo Scordino ha sottolineato che, oggi, solo il 12% della popolazione italiana frequenta la Chiesa. Qual è la tua impressione sulla situazione nella Locride?
Qui nella Locride, sicuramente la percentuale è un po’ più alta, anche se la tendenza purtroppo è al ribasso. Credo che la frequenza sia diminuita, ma è ancora superiore rispetto alla media nazionale. Tuttavia, la percezione della fede è molto tradizionale, con un forte legame al devozionismo e a un tradizionalismo che ormai ha perso parte della sua rilevanza. I giovani, in particolare, sembrano sempre meno coinvolti, forse perché le loro esigenze sono cambiate e noi continuiamo a fare le stesse cose di 20 o 30 anni fa. Dobbiamo ristabilire un rapporto con il tessuto religioso della Locride, puntando di più sull’esperienza personale con il Vangelo.
La scorsa settimana hai compiuto 34 anni di sacerdozio. Come hai visto cambiare il panorama ecclesiastico e sociale in questo periodo?
Certamente qualcosa è cambiato. Oggi vedo una maggiore consapevolezza della fede, più che della religione in senso stretto. Ci sono adulti pronti a percorrere un cammino di fede, e questo fa ben sperare perché indica un focus maggiore sulla qualità delle comunità piuttosto che sulla quantità. Tuttavia, ci sono ancora realtà legate alle tradizioni del passato, soprattutto nei paesi più interni, mentre lungo la costa vedo una crescente spiritualità e un cammino di fede più autentico e profondo.
La Chiesa sta cercando di stare al passo con questi cambiamenti anche grazie alle indicazioni di Papa Francesco. Quali sono, secondo la Diocesi di Locri-Gerace, le urgenze da affrontare e le prospettive per il futuro?
La Chiesa, sia a livello internazionale sia locale, sta interrogandosi su nuove forme di evangelizzazione digitale. Noi stiamo lavorando su questo fronte, cercando di aggiornare i contenuti e il linguaggio per rispondere alle esigenze dei giovani e degli adulti di oggi prendendo in considerazione l’impostazione di un percorso nuovo di catechesi e di iniziazione cristiana, che non sia più legato alle lezioni frontali del catechismo alle quali siamo abituati, ma si rivolga all’interno nucleo famigliare. Riteniamo infatti fondamentale non tralasciare l’impostazione di base della fede, rendendola tuttavia storica e incarnata nel nostro tempo. Questo è un processo lungo, ma necessario per evitare di restare anacronistici.
Mi pare di capire che la vostra attenzione principale sia rivolta agli adulti, con l’obiettivo di catturare successivamente anche l’attenzione dei giovani. È così?
Sì, in un certo senso dobbiamo intercettare nuovamente il mondo degli adulti, che sembra scivolare via dalla fede perché non c’è più la trasmissione intergenerazionale del credo, quindi dobbiamo lavorare su contenuti e forme che siano appetibili per il nostro tempo. Da questo impegno verso gli adulti, in particolare dalle famiglie, deriverà poi un’influenza positiva sui giovani.
Come accennavi in precedenza, la Locride è un territorio sfaccettato, con diversità tra la costa e l’entroterra. Come affronta la Diocesi queste diversità e come si adatta alle esigenze di tutti i fedeli?
Dobbiamo adottare un approccio poliedrico, non omologare tutti. Ogni comunità ha risorse e possibilità diverse, quindi non tutti possono fare le stesse cose. L’importante è mantenere alcuni criteri fondamentali della fede, ma permettere espressioni diverse a seconda delle circostanze.
Il Vescovo ha sottolineato l’importanza di accogliere velocemente i nuovi dogmi della Chiesa anche in vista del Giubileo del 2025. Come pensi che la Chiesa uscirà trasformata da questo grande evento, a livello sua locale sia globale?
Papa Francesco ha sottolineato la necessità di una Chiesa che esca fuori da se stessa, incontrando la gente nei loro luoghi di vita. Questo sta dando vitalità alle diocesi, ma non è un compito facile perché, siamo ancora molto legati alle nostre strutture parrocchiali. Tuttavia, il Giubileo sarà un’opportunità per promuovere missionarietà e speranza, temi fondamentali per il futuro della Chiesa.

Foto: lentelocale.it

Jacopo Giuca

Nato a Novara in una buia e tempestosa notte del giugno del 1989, ha trascorso la sua infanzia in Piemonte sentendo di dover fare ritorno al meridione dei suoi avi. Laureatosi in filosofia e comunicazione, ha trovato l’occasione di lasciarsi il nord alle spalle quando ha conosciuto la sua compagna, di Locri, alla volta del quale sono partiti in una altra notte buia e tempestosa, questa volta di novembre, nel 2014. Qui ha declinato la sua preparazione nella carriera giornalistica ed è sempre qui che sogna di trascorrere la vecchiaia scrivendo libri al cospetto del mare.

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