Costume e SocietàLetteratura

Abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e nuovi obblighi di trasparenza

Le riflessioni del centro studi

Di Giovanni Passalacqua – Avvocato del Foro di Roma

Attraverso una serie di passaggi normativi intermedi, si è giunti al Decreto Legge 149 del 2013 “Abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore” convertito con modifiche dalla legge nº 13 del 21 febbraio 2014, il cui art. 1 dispone: “Il rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e i contributi pubblici erogati per l’attività politica e a titolo di cofinanziamento sono aboliti ai sensi di quanto disposto dall’articolo 14.
Si è così ritenuto – dopo vent’anni – di dare effettivamente seguito alla volontà popolare, espressa e ribadita a partire dagli esiti del referendum del 1993, nel senso del completo superamento di ogni forma di finanziamento pubblico all’attività dei partiti, da sostituirsi con sistema “fondato sulle libere scelte dei contribuenti, che attribuisca ai cittadini un ruolo centrale sul finanziamento dei partiti, attesa la loro natura di associazioni costituite per concorrere con metodo democratico a determinare le politiche nazionali, ai sensi dell’art 49 della Costituzione”, con il concomitante obiettivo di proseguire e perseguire “la linea di austerità e di rigore della politica di bilancio adottata in questi ultimi anni.”
È tuttavia rimasta una forma di finanziamento pubblico indiretto, a favore dei partiti che hanno una rappresentanza in Parlamento: si tratta di fondi che i gruppi parlamentari ricevono per finanziare le loro attività istituzionali e che provengono dai bilanci delle due Camere, a loro volta, ovviamente sostenuti con denari pubblici.
Così come permane il finanziamento privato (con introduzione della possibilità di devolvere ai partiti il 2‰ dell’Imposta sui Redditi delle Persone Fisiche), caratterizzato da erogazioni liberali individuali, non superiori a 100.000 €, tracciabili e in parte detraibili.
Viene altresì stabilito che per poter accedere alle contribuzioni per come ivi previste, i partiti debbano rispettare specifiche e più cogenti condizioni, adempiere a prescrizioni di pubblicità, sottoporsi a giudizi sulla rendicontazione: la trasparenza è dunque la finalità sottesa agli interventi normativi. 
Di particolare rilievo, infatti, l’art. 5 Norme per la trasparenza e la semplificazione, il cui quarto comma, oltre a prevedere talune modalità di rendicontazione, individua(va) anche i soggetti da ritenersi equiparati ai partiti e ai movimenti politici ai fini del rispetto delle norme sulla trasparenza sancite dal primo comma dello stesso articolo (si rimanda alla norma per una compiuta disamina dei criteri di collegamento allora indicati).
Il citato quarto comma, attraverso la L. 3/2019, tuttavia, è stato oggetto di importante implementazione ed estensione quanto ai criteri di assimilazione, evidentemente a fronte della necessità di colmare rilevanti lacune che avrebbero potuto agevolare sistemi elusivi.
Però è bene ribadire che se da una parte la norma riconosce la possibilità che tali enti possano operare attività di raccolta fondi ed erogazioni a favore di partiti o esponenti politici, tuttavia la loro equiparazione a questi ultimi è da ritenersi confinata agli obblighi di trasparenza con finalità antielusive, non costituendo, invece ex se motivo di equiparazione anche ai fini dell’applicabilità a essi dello statuto penale previsto dall’art. 7 della L. 195 del 2014 in combinato disposto con l’art. 4 della L. Nº 659 del 1981 e successive  integrazioni, che, tra l’altro, neppure oggi li contempla.
Infatti solo il tracimare dell’attività politica rispetto alla cornice statutaria loro propria, effettuata in concreto e strumentalmente a favore di un partito o di un singolo esponente, potrebbe renderli invece articolazione di questi ultimi e per tale ragione assoggettarli alle responsabilità penali (ma si tornerà oltre sul tema).
Ciò precisato è solo il caso di ricordare che gli articoli 10 e seguenti della L. 13/2014 regolano la contribuzione volontaria e la contribuzione indiretta, indicando se e a quali condizioni i partiti possano accedere a tali forme di contribuzione; indicano, come detto, il limite di 100.000 € annuo per le liberalità erogabili dalle persone fisiche e giuridiche a favore di ciascun singolo partito, nonché le modalità di corresponsione della liberalità.
Sono quindi indicate le sanzioni amministrative irrogabili per la violazione delle norme di carattere amministrativo contenute nella legge, nonché le autorità giudiziarie (Tribunale Amministrativo Regionale e Tribunale Civile) competenti a conoscere e giudicare i fatti a cui si riferiscono.

Continua…

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 18/11/2023

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