Referendum sulla Cittadinanza: mezzo milione di firme per un possibile cambio di rotta
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Si è chiuso con un successo inaspettato il Referendum sulla Cittadinanza promosso da Riccardo Magi di +Europa. Il quesito referendario, che mira a modificare la legge sulla cittadinanza italiana (la nº 91/1992), con l’obiettivo di ridurre da 10 a 5 gli anni di residenza legale necessari per richiederla e che, una volta concessa, di trasmetterla automaticamente ai figli e alle figlie minorenni del richiedente, ha infatti raggiunto il traguardo del mezzo milione di firme.
L’iniziativa punta a modificare l’articolo che attualmente si basa sul principio dello ius sanguinis, cioè il diritto di acquisire la cittadinanza per nascita da genitori italiani. Per chi è definito straniero, esistono infatti altre modalità di acquisizione della cittadinanza, come nel caso di chi è nato in Italia, ma solo se ha risieduto legalmente fino al raggiungimento della maggiore età e presenta una dichiarazione di volontà entro un anno dal compimento dei 18 anni.
Il referendum non modifica altri requisiti necessari per ottenere la cittadinanza, come la conoscenza della lingua italiana, e si stima che la riforma cui dovrebbe dare vita potrebbe interessare circa 2,5 milioni di persone.
A sostenere il referendum, oltre a +Europa, ci sono stati partiti come Possibile, Radicali Italiani, Partito Socialista Italiano e Rifondazione Comunista, oltre a numerose associazioni e figure pubbliche come l’allenatore della nazionale di pallavolo Julio Velasco, lo scrittore Zerocalcare, il professore Alessandro Barbero, il saggista Roberto Saviano e i cantautori Ghali e Malika Ayane, che hanno tutti dato un importante contributo alla raccolta firme.
Il quesito sottoposto ai cittadini ha superato il dibattito, di grande attualità nelle scorse settimane, sullo ius soli e sullo ius scholæ, che riguardano rispettivamente chi nasce su suolo italiano (circa 500mila persone l’anno) e chi invece completa un ciclo scolastico di almeno 5 anni (circa 135mila persone l’anno), coinvolgendo invece chi risiede legalmente in Italia da almeno 5 anni e i loro figli minorenni.
Se approvato, il referendum porterebbe l’Italia in linea con altre nazioni europee, come la Germania, dove proprio di recente è stata approvata una legge che riduce il periodo di residenza per ottenere la cittadinanza.
Mentre la palla passa adesso alla Corte Costituzionale per l’esame dell’ammissibilità del quesito entro gennaio, a seguito del quale si potrebbe avere il via libera per un voto in primavera, possiamo riflettere su un dato interessante che emerge dalla raccolta firme chiusa negli scorsi giorni.
In occasione delle ultime tornate elettorali si è sempre dato ampio spazio, senza eccezione alcuna, alla scarsa affluenza alle urne degli italiani, che denota una tendenza preoccupante al disinteresse a quella che i latini comunemente chiamavano la cosa pubblica.
La scarsa partecipazione, dettata, lo abbiamo detto in più occasioni anche noi, soprattutto dalla cattiva informazione, sta rendendo il nostro Paese una sorta di oligarchia in cui i migliori sono divenuti non tanto i nobili e gli studiosi che avevano le facoltà di esercitare il potere decisionale a nome di tutto il popolo, quanto piuttosto coloro che ancora esercitano la volontà civica di non lasciare a terzi la decisione sul proprio futuro. Il dato maggiormente preoccupante che mi è capitato di registrare in proposito, mi pare di averlo già sottolineato in altre occasioni, è che gli ultimi governi succedutisi alla guida del Paese, senza distinzione di ideologia e di partito, hanno finito con l’avallare questo atteggiamento, trasmettendo il messaggio che, in definitiva, questo stato di cose, utile a farli insediare a Montecitorio, possa andare più che bene, per loro.
È l’esaltazione della mediocrità, che si manifesta, all’atto pratico, nelle gaffe sempre più frequenti di ministri e rappresentanti istituzionali, nelle proposte che strappano un sorriso amaro e persino nell’atteggiamento un po’ perso dinanzi all’esito politicamente inaspettato di un quesito referendario.
Eh sì, perché nell’ultimo anno, spesso al netto di una campagna mediatica estremamente timida o del tutto assente, quello stesso strano popolo di italiani che non si reca alle urne, ha invece sempre dimostrato una grande partecipazione dinanzi a quesiti di varia natura, come possono essere stati la recente riduzione dei tempi di concessione della cittadinanza agli stranieri, ma anche l’abrogazione della legge sull’autonomia differenziata o una questione più anodina come l’intitolazione dell’aeroporto di Milano Malpensa a Silvio Berlusconi.
E allora, viene da pensare, ciò manca non è il senso civico, ma la volontà di scegliere qualcuno che ci rappresenti; non difettiamo nella capacità di esprimerci su questioni legislative che magari nemmeno ci toccano direttamente, ma nell’intenzione di legittimare qualcuno che non riteniamo meritevole a parlare a nostro nome.
Temo sinceramente che, nel caso di apertura dei seggi elettorali, il referendum che ha stimolato una così importante mobilitazione possa arenarsi contro lo scoglio del quorum, ma chissà che non si stia per assistere a un cambio di direzione…