Di Francesco Donato Iacopino, Emanuele Procopio, Giovanni Passalacqua ed Enzo Nobile
I gettoni non fungibili fanno parte della catena di blocchi di Ethereum, e dunque sono singoli token con informazioni extra memorizzate al loro interno. Queste informazioni, per così dire, extra sono la parte fondamentale della loro conformazione, e cioè la parte che permette loro di prendere la forma di pezzo di arte, musica, video e così via sotto forma dei più disparati formati digitali (JPG, MP3, GIF e altro).
Poiché queste informazioni generano un valore, i NFT assurgono a rango di vera e propria opera e, dunque, possono essere comprati e venduti proprio come qualunque altro tipo di pezzo artistico.
E proprio paragonandoci all’arte tradizionale, verrà da sé intuire che il valore della singola opera d’arte, e dunque il suo prezzo, sarà formato dalla domanda di mercato.
Questo però non significherà che, all’interno del mercato, vi sarà solo una versione digitale di un’opera d’arte NFT disponibile. Così come le copie d’arte di un originale vengono create, comprate e vendute, così anche le copie di un NFT saranno ancora parti vitali della catena di blocchi, ma ovviamente non avranno lo stesso valore dell’originale.
Una domanda sorge spontanea. Così come nel sistema civilistico vale l’assunto per cui possesso vale titolo, è legittimo chiedersi se, limitandosi a salvare l’immagine (con il semplice click del tasto destro del mouse) e possedendolo, si possa ottenerne, in maniera, potremmo dire, fraudolenta, la proprietà dell’immagine stessa.
Questa mossa non concederebbe a chi la pratica alcuna ricchezza o utilità, perché il file scaricato non conterrà le informazioni di proprietà contenute nella catena di blocchi Ethereum.
Tratto da La tutela penale dei beni culturali, Key Editore