Costume e SocietàLetteratura

Il processo di Zaleuco: la legge al centro del confronto tra giustizia e potere

La Repubblica dei locresi di Epizefiri

Di Giuseppe Pellegrino

Così pensando, arrivò all’Agorà, con Agesilao al suo fianco. L’oplita stava in silenzio, poiché si rendeva conto dell’angoscia del Magistrato e del pericolo che rappresentava il contrasto mortale con Tirso. Agesidamo come sempre era il primo. Egli seguiva direttamente la vendita dei prodotti della sua terra, e il mercato che si svolgeva nei pressi dell’Agorà gli permetteva di sorvegliare il baratto e di essere presente per gli affari politici. L’illustre locrese osservava il dettato che vietava l’intermediazione della vendita delle merci. Man mano che il sole saliva nel cielo anche gli altri proprietari arrivavano, tanto che non era difficile riunire i Chiloi, i Mille ogni mattina senza preavviso alcuno. Zaleuco parlò ad Agesidamo e gli descrisse la colpa di Tirso. L’uomo domandò:
«Hai le prove di quello che dici, Zaleuco?»
Il Magistrato rassicurò il locrese. Vi erano prove inoppugnabili. Agesidamo assentì. La colpa dell’adulterio era di quelle che non meritava comprensione a Locri. Zaleuco stesso portava sulle carni del figlio e sulle sue stesse la conseguenza. Difficile dire al Magistrato di perdonare ad altri quello che non aveva perdonato al figlio, seppure tutta Locri invocasse un atto di pietà. Funzionò come sempre il passa parola. Gli aristocratici locresi commentavano. Tirso certamente era un uomo di talento, che tanto aveva fatto per Locri ma, soprattutto, tanto avrebbe potuto fare. Ma come diceva il Proemio: “Tutti i cittadini della polis debbono ubbidire alle leggi deliberate e intangibile. Nessuno deve stimarsi superiore a esse. Il decoro sta nel credersi inferiore a esse e il vantaggio nell’eseguire il comando”. Troppo spesso Tirso sembrava trattare le leggi di Locri con noncuranza. Troppo spesso parlava di cambiarle e adeguarle ai tempi. E poi, l’adulterio non era cosa lieve. Ancora più grave che fosse stato consumato a danno dell’uomo di Siracusa a Locri. Siracusa che aveva mandato come pròsseno il fratello Gorgia. Non punire l’offesa sarebbe stato un oltraggio alla polis amica, che poteva essere pagato caro.
Il sole era già alto nel cielo. Agesilao scomparve dall’Agorà. Era armato e doveva restare armato per ogni evenienza. Eppoi doveva curare i testimoni al processo. Come per gli altri giudizi che richiamavano una folla enorme, il processo si tenne nell’Agorà. Zaleuco si assise sullo scranno, quando vide la figura di Tirso. Il giovane non doveva fare molta strada per raggiungere il luogo. Come sempre si faceva accompagnare da un servo, ma questa volta non era armato. L’esempio di Tissaferne non poteva essere preso alla leggera. Tirso si avvicinò e disse:
«Io sono qui, Zaleuco.»
«Sei stato di parola, Tirso. Ma di questo non avevo mai dubitato» rispose il Magistrato.
«Formula le tue accuse, Zaleuco, e dà le prove a me e ai locresi. Prova che tu mi contesti una colpa e non la tua ostinazione» fiero disse Tirso.
Zaleuco incassò, ma non fu turbato dalla sicurezza del giovane. Ora che aveva parlato con i maggiorenti dei Mille era tranquillo. A nessuno era sfuggito che un simile delitto andasse punito, se provato. Il legislatore aveva fatto di più. Aveva fatto informare Gorgia del processo e della infamia fatta a Ilone. Perciò, pensò il Magistrato, ora occorreva solo essere chiari. Si alzò dallo scranno e solennemente disse:
«Io ti accuso di adulterio con Euridice, la sposa di Ilone, pròsseno a Siracusa. Io ti accuso di averla violentata contro la sua volontà nel suo letto matrimoniale. Io ti accuso di essere giaciuto poi con lei consenziente fino a poco prima della sua morte, che è frutto del tuo adulterio, e di avere reso pregno il suo ventre con sangue diverso di quello dello sposo» accusò Zaleuco.
Tirso non fece una piega. Le cose dette del Magistrato erano vere. Solo di una della accuse non capiva, di essere considerato colpevole della morte di Euridice.
Zaleuco guardò verso l’Agorà dove si congiungeva la Dromo e vide Agesilao insieme a Strabone e Pelope. L’oplita ora non era armato. Fece accostare i due vicino a Zaleuco e si allontanò subito. Zaleuco fece cenno alla vecchia di avvicinarsi. La donna impaurita sembrava quasi stolida. Zaleuco capì il suo imbarazzo. Era una serva fedele. Si intendeva della cura della casa ed era stata resa partecipe delle angosce della padrona. Ma fuori dalla casa si sentiva insicura e diffidente.
Dolcemente, il Magistrato chiese:
«Come ti chiami, donna?.»
«Pelope, Pastore, e sono la serva di Euridice» rispose la donna.
Strano, pensò Zaleuco, pensa al presente come se la sua padrona fosse viva e aspettasse il suo ritorno.
«Conosci Tirso e quando lo hai visto a casa di Euridice?» domandò il Magistrato.
«A casa di Ilone – rispose puntigliosa la donna – Tirso veniva sempre. Parlavano della loro religione, di Locri e di altro. Ma ciò avveniva nell’andronitis e io stavo con la mia padrona nel gineceo.»
«Io ti domando e tu, donna, devi rispondere secondo le leggi di Locri, fece severo Zaleuco, temendo che l’amore per la padrona potesse spingere la donna a mentire, se Tirso commise adulterio con Euridice e tu li ha visti.»
La donna tremò alla voce alterata del Magistrato. La benda sull’occhio assunse un aspetto sinistro e la paura fu più forte del rispetto per Euridice.

Redazione

Redazione è il nome sotto il quale voi lettori avrete la possibilità di trovare quotidianamente aggiornamenti provenienti dagli Uffici Stampa delle Forze dell’Ordine, degli Enti Amministrativi locali e sovraordinati, delle associazioni operanti sul territorio e persino dei professionisti che sceglieranno le pagine del nostro quotidiano online per aiutarvi ad avere maggiore familiarità con gli aspetti più complessi della nostra realtà sociale. Un’interfaccia che vi aiuterà a rimanere costantemente aggiornati su ciò che vi circonda e vi darà gli strumenti per interpretare al meglio il nostro tempo così complesso.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button