La norma che regolamenta il finanziamento ai partiti
Le riflessioni del centro studi
Di Giovanni Passalacqua – Avvocato del Foro di Roma
È innegabile che quella del finanziamento ai partiti costituisca materia di indubbia rilevanza, trattando la linfa di cui essi si sostanziano per la loro quotidiana operatività, ma anche per condurre le sempre più frequenti campagne elettorali, per aggregare consenso, commissionare e diffondere studi e sondaggi e così via.
E se è vero che nel corso degli ultimi anni, attraverso diversi assestamenti che trovano effettiva scaturigine nel referendum del 1993, a sua volta determinato dalle vicende di Mani Pulite, si è passati da un sistema di finanziamento pubblico all’eliminazione diretta di contributi pubblici, è altrettanto vero che oggi sempre più spesso sono gli stessi partiti a lamentare l’assenza di risorse per finanziare la loro attività, al punto che talvolta si è persino adombrato che i rischi di commettere fatti di illecito finanziamento siano conseguenza della ristrettezza di risorse in cui essi e i loro esponenti si dibattono.
Va anche detto, per la verità, che non poche volte fatti di illecito finanziamento si affiancano a condotte di natura corruttiva, d’abuso o comunque di illecita corrispondenza che poco o nulla hanno a che vedere con l’esercizio di attività propriamente politica, ove addirittura non ne costituiscano dimostrazione di esercizio distorto di essa.
Talché la materia è e continua a essere di grande e cruciale interesse, perché in ultima ma non residuale analisi, coinvolge la correlata esigenza di trasparenza e autonomia della azione politico-amministrativa del ceto dirigente rispetto a interessi di parte non legittimamente rappresentati e sollecitati.
Per questa ragione molte voci auspicano l’avvio di una riforma, anche nella direzione di un ritorno ad una forma di contribuzione pubblica.
Ma la trattazione approfondita della normativa relativa al finanziamento della politica non costituisce finalità del presente breve intervento; ai nostri fini ci si soffermerà sui principali approdi attraverso cui si è giunti all’attuale disciplina della materia, in particolare sotto il versante dell’illecito penale.
La legge di riferimento è la nº 195 del 2 maggio 1974 Contributo dello Stato al finanziamento dei partiti politici, che all’origine, prevedendo oneri di pubblicità e un (seppur blando) controllo formale da parte del Presidente della Camera, ha istituito e regolato i finanziamenti pubblici e le contribuzioni a fini elettorali per i gruppi parlamentari, nonché i rapporti tra questi e i partiti. L’articolo 7 (che tuttora costituisce il riferimento in materia di illecito penale) ha posto il divieto di finanziamento o di contribuzione sotto qualunque forma a favore di partiti o loro articolazioni politico-organizzative e di gruppi parlamentari, da parte di organi della pubblica amministrazione, enti pubblici, società con partecipazione di capitale pubblico superiore al 20% oppure società con partecipazione di capitale pubblico inferiore al 20% ma in cui la partecipazione assicuri comunque al soggetto pubblico il controllo (finalizzato a evitare il cosiddetto finanziamento illegale pubblico); ha invece consentito il finanziamento da parte di enti non a partecipazione di capitale pubblico, purché essi siano stati oggetto di deliberazione da parte degli organi sociali e siano stati iscritti in bilancio (divieto del cosiddetto finanziamento societario occulto).
A fronte di siffatta regolamentazione, l’ultimo comma dell’art. 7 citato sancisce che “chiunque corrisponde o riceve contributi in violazione dei divieti previsti nei commi precedenti, ovvero, trattandosi delle società di cui al secondo comma, senza che sia intervenuta la deliberazione dell’organo societario o senza che il contributo o il finanziamento siano stati regolarmente iscritti nel bilancio della società stessa, è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni e con la multa fino al triplo delle somme versate in violazione della legge.”Come si avrà meglio modo di chiarire oltre, il legislatore ha quindi inteso arginare con la sanzione penale il finanziamento societario occulto, certamente la modalità di finanziamento più insidiosa rispetto alle finalità di autonomia da qualsivoglia condizionamento indebito che deve contraddistinguere l’azione politica.
Continua…
Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 18/11/2023