Costume e SocietàLetteratura

Una tregua obbligata tra minacce e rimorsi

Storie d’altri tempi

Di Francesco Cesare Strangio

Arrivati sul posto di lavoro, trovarono mastro Filippo seduto su quattro mattoni messi uno sopra l’altro. Il suo volto era scuro come il cielo in una notte senza luna. Guardava la strada in attesa che arrivasse il nipote. Poco dopo il rombo della moto echeggiò lungo le strette vie del centro urbano. Rocco scese dalla moto e la parcheggiò mettendola sul cavalletto laterale.
«Ciao zio!»
«Da dove arrivi?»«Sono andato al bar di Domenico Tagliaferro.»«Stai attento a non fare cattive figure. Domenico e io siamo amici d’infanzia.»
«Me l’ha detto.»«Ti ripeto: cerca di evitare le brutte figure!»
«Stai tranquillo che non facciamo brutte vedute!»
«Io sono tranquillo, il problema sarà tuo…»
La risposta di mastro Filippo suonò più come una minaccia che come un avvertimento.
Rocco lo conosceva molto bene e sapeva come la pensava. D’altronde, Mastro Filippo, per la sua serietà e correttezza, era stimato da tutti.
Rocco fece per andare a mettersi a lavorare e lo zio lo fermò, dicendo: «Lascia stare, dobbiamo andare dal compagno usciere a chiedere scusa e pregarlo di ritirare la denuncia nei tuoi confronti.»
«Quello mi sta sulle scatole! Dobbiamo andare a ogni costo o possiamo fare a meno?»«Vedi un pò tu… se ti va di passare un paio di anni nella casa circondariale, allora evitiamo il disturbo!»
Il ricordo di Patrizia piegò l’irruenza di Rocco e lo portò alla mansuetudine.
Saliti in macchina, partirono per recarsi a casa dell’usciere.
L’abitazione del compagno si trovava a un centinaio di metri dal municipio.
A circa trenta metri di distanza dalla casa del compagno usciere, vi era un piccolo spiazzo tra due palazzi, che si riusciva a stento a parcheggiare un paio di automobili. Dopo una serie di manovre, mastro Filippo riuscì a sistemare l’auto in modo che non desse fastidio.
Rocco era muto come un pesce: la paura di andare a finire nella casa circondariale inibì la sua irruenza. Il timore cresceva, i dubbi assottigliarono di molto il già sottile filo della speranza. A quel punto non rimaneva che sperare nella magnanimità del compagno… Un momento di esitazione e i due si avviarono con passo deciso verso la dimora dell’usciere. Dopo aver bussato per la seconda volta, all’uscio si presentò la compagna Beatrice, moglie dell’usciere. Era una donna di corporatura esile e dal volto tirato come se fosse arrabbiata con il mondo intero.
Nel vedere mastro Filippo e il nipote Rocco Valpreda, la donna s’irrigidì e assunse l’atteggiamento di un animale ferito.
La compagna, con tono di voce minaccioso, domandò: «Che cosa volete?»
«Desidero parlare con vostro marito!» rispose mastro Filippo, con voce decisa.
«Mio marito non ha nulla da discutere con l’energumeno qui presente.»
«Quello che additate come energumeno, ha un nome e un cognome e per giunta è mio nipote. Non so se con questo sono stato chiaro…»
Dal fondo del corridoio si sentì la voce del marito che chiedeva chi c’era alla porta. Mastro Filippo, nel sentire l’usciere, rispose a gran voce: «Sono mastro Filippo, ti ricordi di me o ti sei dimenticato di quando frequentavamo la stessa classe?»
Nel sentire la voce di Mastro Filippo, l’usciere, mugugnando, si presentò alla porta.
«Filippo, sei venuto prima del previsto!»
«Ho saputo oggi dell’incidente.»
«Chiamalo incidente! Ancora mi fischiano le orecchie!»
«Così un’altra volta impari come usare la lingua. L’hai forse dimenticato che siamo alla soglia dei sessant’anni?»
L’usciere rimase in silenzio, mentre la moglie si scaldò, in difesa del marito.
«Allora, mi fai entrare o devo rimanere sull’uscio della tua casa?» disse mastro Filippo.
Nel sentire parole di mastro Filippo, l’usciere gli diede la mano e invitò i due a entrare.
Mastro Filippo osservava le pareti in cerca di qualche lesione: alla vista tutto si presentò in perfetto ordine.
«Ricordi quando ti ho costruito la casa? Mi hai pregato come si pregano i santi in chiesa… Ti dovevi sposare e non avevi ancora una casa dove abitare.»
«Certo che me lo ricordo. Così come non ho dimenticato che mi hai agevolato sul prezzo e sui pagamenti. Queste sono cose che non si possono dimenticare» rispose l’usciere.
«Mi fa piacere che ancora lo ricordi. Tanta gente ricorda solo il male, il bene lo dimentica in fretta» disse mastro Filippo.
«Non è nel mio caso» rispose l’usciere.
La donna, nel sentire quelle parole, cambiò repentinamente il suo comportamento passando dall’atteggiamento bellicoso a quello pacifista. Mastro Filippo, astutamente, prima di iniziare a trattare l’argomento per il quale era lì, rinfrescò la memoria all’amico in modo da far pendere la bilancia dalla sua parte.
La signora, vedendo che il dialogo aveva preso una piega bonaria, chiese permesso e si ritirò in cucina.
Sulle pareti del salone vi erano appesi le foto della nomenclatura comunista, in mastro Filippo le immagini dei potentati comunisti non provocarono nessuna emozione.
Rocco non poteva dire niente, anche se dentro gli cresceva la voglia di ridare un cazzotto all’usciere.

Foto di form PxHere

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