Costume e SocietàLetteratura

Tensioni e paure: il destino incerto di Rocco

Storie d’altri tempi

Di Francesco Cesare Strangio

«Sei il solito cretino!» esclamò Marco.
Nel sentirsi dare del cretino, Rocco ebbe un sussulto, come se volesse avventarsi contro. L’impulso durò solo un istante e desistette dall’insano pensiero. Rocco era certo che se avesse osato, si sarebbe trovato contro l’intero gruppo e gliele avrebbero suonate di santa ragione.
«Se quello mi ha insultato che cosa potevo fare?». Ribattè Rocco.
«Ascolta… se ci sono testimoni a tuo favore, allora passa tutto in cavalleria, mentre se le cose stanno al contrario, vuol dire che ti farai un paio di anni di carcere e te la vai a fare nel deretano. Tutto qua!» concluse Marco.
«In quel momento non ci ho pensato alle conseguenze. Porca troia mi sa che sono fottuto». Rispose preoccupato Rocco.
Il pensiero di Rocco andò alla figlia del Tagliaferro.
Se fosse finito nelle patrie galere, quanto la maestrina Patrizia nutriva per lui sarebbe svanito nel giro di pochi giorni. Rocco sentì crollargli il mondo addosso, non sapeva a che Santo votarsi. Lo sconforto s’impadronì di lui e i suoi occhi si umidificarono quel tanto da lasciare percepire ai presenti la paura angosciante a cui era sottoposto.
«Rocco, ascolta: chi c’era nel bar ieri sera? Stai attento a non dimenticare niente. Ogni particolare può giocare a tuo favore» disse Marco.
«Aspetta un pò, stavo bevendo assieme a Enzo il fascista, Luigi ed Ettore». Rispose Rocco alla domanda di Marco.
«Nicoletta dove stava?» chiese Rocco.
«Aspetta… mi sembra che sia andata in bagno ed è tornata quando tutto era finito.»
«Suppongo che il maresciallo ti abbia bombardato di domande. Mi auguro per te che non sei stato così sciocco a proferire parole a vanvera.»
«Quali parole a vanvera… ho negato tutto, mica sono un cretino!»
«Per carità di Dio… un cretino? Mai… uno scemo sì!»
Non rendendosi conto del gioco di parole, Rocco tacque.
«Il maresciallo mi ha puntato il dito dicendo: stai attento, questo è il ventottesimo duello. Che diavolo intendesse non l’ho capito. Voi ci capite qualcosa?» Marco rimase in silenzio e altrettanto fecero gli altri.
Quell’avvertimento proferito dal maresciallo all’apparenza non aveva alcun senso.
La testa di Marco gli ronzava come un nido di vespe. Non riusciva a dare un significato alla frase.
«Questa sera mi metto a consulto con mio nonno, forse lui saprà dirmi il senso dell’avvertimento» disse Marco.
A quel punto a Rocco non restava altro che invitare i compagni di lavoro a prendere il caffè al bar di Domenico Tagliaferro.
Come sempre il gruppo biforcò le biciclette e prese a pedalare lungo la strada dal fondo in selciato di pietra lavica, che in alcuni punti si era abbassato sotto il peso degli automezzi.
Rocco, essendo con la moto, impiegò un attimo ad arrivare al bar. Quando il gruppo arrivò, lui era già dentro a chiacchierare con la madre di Patrizia.
«Su, cosa prendete? Oggi paga il capo.»
Rocco si comportò come se quella mattina non fosse successo nulla. La sua incoscienza lo schermava a tal punto che dava l’impressione che quanto fosse accaduto non lo riguardasse.
Salvatore lo guardò e annuì: Rocco appariva immune da qualunque tipo di preoccupazione.
Nella testa di Salvatore le problematiche di Rocco furono sostituite dalle immagini offuscate della notte trascorsa nei pressi del cascinale. Il ricordo di quella grotta, avvolta dalle tenebre, lo perseguitava con insistenza. Tutte le immagini possono essere rimodulate attraverso i giochi ingannevoli della memoria, ma non quella degli occhi di quel povero uomo che lo guardavano chiedendogli aiuto.
A Salvatore veniva difficile credere che in quel fattaccio fosse coinvolto il figlio della prima cugina di sua madre. Era sconvolto e poco incline a seguire i ragionamenti di Rocco e Marco. Salvatore non vedeva l’ora che si facesse buio per potersi recare alla grotta e incrociare lo sguardo dell’uomo in stato di segregazione, mantenendo così la promessa fatta.
Aveva tanta paura, nell’immaginario vedeva Peppe l’assassino che gli tirava un pugno in pieno volto facendolo precipitare nella valle dalle ripide pareti di arenaria, per poi finire sfracellato nell’impatto con il suolo.
Furono parecchie le volte che Salvatore si estraniò dalla discussione degli amici e Marco se ne era accorto. L’unico che stava attento a quanto diceva Rocco era Cosimo: temeva che inciampasse nell’errore di parlare della sua andata in caserma, deponendo male agli occhi della madre di Patrizia.
La madre della maestrina chiese scusa e sparì dietro la porta che dava dal bar all’abitazione.
In quell’occasione Cosimo, rivolgendosi a Rocco, disse: «Stai attento a non raccontare quanto ti è successo. Non tutti capiscono le cose. La signora è la madre della ragazza che tu ambisci di portare all’altare. Evita di dire fesserie, poiché andrebbe tutto a tuo svantaggio.»
Rocco annuì, per la prima volta dimostrò di gradire un appunto.
Ricomparsa la madre di Patrizia, Rocco s’impose sui compagni e pagò il conto.
Una volta che i compagni guadagnarono l’uscita, Rocco s’intrattenne un attimo per domandare alla signora della figlia Patrizia.

Redazione

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