La definizione e la tutela dei Beni Culturali nel Codice relativo
La tutela penale dei beni culturali
Di Francesco Donato Iacopino, Emanuele Procopio, Giovanni Passalacqua ed Enzo Nobile
È stata definita mista perché veniva ripreso il sistema degli elenchi e delle categorie individuato con le Leggi del 1939, aperta in quanto (in applicazione della definizione individuata dalla Commissione Franceschini) sono, altresì, riconosciuti beni culturali anche le “altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianza aventi valore di civiltà”.
Troviamo la suddetta individuazione nel secondo comma dell’articolo 2 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, laddove si considerano beni culturali “le cose immobili e mobili che, ai sensi degli art. 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico”, insieme alle “altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà”.
In primo luogo emerge subito che il suddetto Codice, risolve l’apparente contrasto tra le nozioni di bene culturale e patrimonio culturale, posto che nella definizione di patrimonio culturale, inserita nel c. 1 del citato articolo 2, si ricomprendono i beni culturali insieme ai beni paesaggistici, in un rapporto di genere a specie.
Inoltre, il Legislatore ha optato per la scelta di includere nella categoria dei beni culturali solo le cose, con una chiara esclusione dei beni immateriali per i quali non viene prevista alcun tipo di tutela.
Ulteriormente, vediamo che la definizione riportata nell’art. 2, c. 2, del Codice reca con sé un doppio rinvio, sia agli art. 10 e 11 del medesimo Decreto Legislativo, che contengono una enumerazione dei beni mobili e immobili che si ritengono meritevoli di essere definiti culturali, che a ogni singola legge (anche intesa quale legge regionale), che esplicitamente o in modo implicito, designi talune res come beni culturali.
Ne consegue che la nozione attuale di bene culturale si fonda sul duplice attributo, il bene deve, necessariamente, costituire «testimonianze aventi valore di civiltà», così per come indicato da varie sentenze del Consiglio di Stato che, in più occasioni, hanno ripreso la definizione data dalla Commissione Franceschini, e deve essere riconosciuto, dalla legge, avente valore culturale.
In particolare, l’art. 10 citato, che nel corso degli anni ha subito numerose modifiche, dopo aver riportato, al primo comma, una definizione di bene culturale, al secondo comma, inserisce un’elencazione di cose che sono beni culturali se appartenenti a soggetti pubblici.
Al terzo comma, invece, si individuano altri beni, appartenenti a soggetti privati, che, a conclusione del procedimento di dichiarazione di interesse culturale ex art. 13, possono essere dichiarate beni culturali.
Al fine di meglio precisare quali beni, pubblici o privati, possono essere ricompresi tra i beni culturali, il comma quarto fa un’ampia elencazione.
Infine, il quinto comma statuisce che non ricevono tutela e quindi non possono essere sottoposti a verifica dell’interesse culturale, i beni indicati nei commi precedenti che siano opera di autore vivente o la cui esecuzione risalga a meno di 70 anni, fatta eccezione “per le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione” per le quali occorre a attendere dall’esecuzione, almeno, 50 anni.
L’art. 11, invece, individua i beni oggetto solo di specifiche disposizioni di tutela, indicate di volta in volta.
Conclusivamente, come già si è accennato, nonostante l’adozione della Convenzione Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, firmata a Parigi nel 2003, manca nella legislazione italiana una esplicita tutela per i suddetti beni.
Ma in realtà, secondo autorevole dottrina, stante il contenuto del comma 2 dell’articolo 2 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, che espressamente “le altre cose individuate dalla legge”, il legislatore ha la possibilità estendere le tutele disciplinate dal predetto Codice anche ad uno o più bene culturale immateriale.
Tratto da La tutela penale dei beni culturali, Key Editore
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