Costume e SocietàLetteratura

Suitas: emblema dell’indeterminismi o scelta in divenire?

Le riflessioni del Centro Studi

Di Francesco Donato Iacopino – Avvocato del Foro di Locri

Vi sono due domande che dall’alba dei tempi attanagliano la mente umana, e che ancora oggi attendono una risposta definitiva. Con la prima di tali due domande, ricorrente nelle speculazioni umane, ci si interroga sulle leggi o regole che governano i fenomeni naturali. Con la seconda, invece, si scandaglia l’essenza ontologica dell’uomo ed il perché del suo agire.
A tali interrogativi si tende, praticamente da sempre, a dare due diverse tipologie di risposte, collocabili, a loro volta, all’interno di due contrapposte ideologie che, dalla metà del 1700, vengono indicate come determinismo e indeterminismo.
I deterministi, rispondendo al primo dei due quesiti, affermano che tutto si riduce a causa ed effetto. Infatti, costoro, rifacendosi all’idea secondo la quale ogni accadimento fisico o metafisico è conseguenza immediata e diretta di una legge preesistente (naturale o divina), ritengono che ogni effetto è conseguenza di una causa e nulla è rimesso al caso o a scelte contingenti.
Tale concezione, nella sua accezione più rigida appena esplicitata, nacque dietro la spinta enfatica della formulazione e applicazione del metodo scientifico di Galileo Galilei. Metodo che portò, poi, alle grandi scoperte del XVIII Secolo e alla rivoluzione Newtoniana.
Il determinismo fu vissuto come un mantra sino a quando, agli inizi del 1900, il fisico Max Plank, nello studiare la cosiddetta catastrofe ultravioletta, ovvero il comportamento anomalo delle onde di luce di tale colore, formulò la teoria dei quanti che insieme al principio euristico formulato da Albert Einstein, riportò in auge la questione dell’essenza ontologica della luce, ondulatoria o corpuscolare, gettando in tal modo le fondamenta della fisica quantistica che, differentemente da quelli che erano le convinzioni e intenzioni di tali eminenti scienziati, portò, nel 1926, al sovvertimento del metodo scientifico e della fisica newtoniana.
In tale anno, infatti, Wernwr Karl Heisenberg, partendo dal presupposto metodologico che le terminologie del macrocosmo non si adattano a quelle del microcosmo, propose il ricorso a nuovi vocaboli e soprattutto propose come metodo di calcolo quello delle matrici matematiche le quali, presupponendo inevitabilmente la presenza di dati incerti, aprì le porte all’indeterminismo scientifico, provocando la forte reazione anche di coloro che avevano portato alla nascita di tale nuova branca del sapere. Celebri furono le aspre critiche all’indeterminismo di Heisemberg e della scuola di Copenaghen mosse sia da Einstein, dallo stesso sintetizzate nella celebre frase “Dio non gioca a dadi”, sia dal filosofo Karl Popper che, pur avversando apertamente il determinismo, si oppone all’idea che le regole della realtà fisica possano cambiare a causa della loro osservazione.
Sul fronte opposto invece gli indeterministi, ovvero quel movimento culturale nato anch’esso intorno alla metà del 1700 per contrapporsi al determinismo assoluto imperante in quegli anni, nel rispondere al su esteso primo quesito, pur non escludendo la validità e l’incidenza delle relazioni causali, ritengono che i fenomeni naturali possano anche essere la conseguenza di fattori casuali.
Passando poi al secondo degli interrogativi, ovvero a una dimensione più squisitamente socio-antropologica della questione, notiamo che l’anzidetta contrapposizione ideologica ha portato anche qui alla compresenza di due diverse accezioni di essenza ontologica dell’uomo, da cui far discendere la spiegazione delle dinamiche umane.
La prima di tali due accezioni, prodotta dal pensiero deterministico, dipinge l’essere umano come un’entità assolutamente priva delle libertà di scelta e di azione, essendo le stesse determinate da cause preesistenti (regole comportamentali) quali l’indole, l’estrazione sociale, i condizionamenti ambientali, l’etnia d’appartenenza e, sin anche, i tratti somatici.
Secondo gli indeterministi, invece, l’uomo è artefice del suo operato, essendo egli dotato di libero arbitrio, ovvero della capacità di autodeterminarsi, quindi di rappresentarsi mentalmente le azioni, di prevederne le conseguenze e di scegliere quale tra esse compiere. Capacità di autodeterminazione quella indeterministica che però non esclude che l’azione umana possa essere influenzata e sin anche determinata da cause esterne, preesistenti o sopravvenute, non dipendenti dal volere umano.
In altri termini la concezione indeterministica non nega l’esistenza delle cause preesistenti, ma le relega in una dimensione probabilistica e non assoluta classificandoli come meri impulsi ad agire, ben potendo le stesse essere contraddette o invalidate da ulteriori fattori, generati dal caso o dall’uomo.

Continua…

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 18/11/2023

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