La tutela internazionale del patrimonio culturale e immateriale
La tutela penale dei beni culturali
Di Francesco Donato Iacopino, Emanuele Procopio, Giovanni Passalacqua ed Enzo Nobile
Sulla base di quando affermato in precedenza viene a identificarsi il “patrimonio comune all’umanità” alla cui salvaguardia l’intera comunità internazionale è tenuta a partecipare, rimarcando la necessità di preservare e salvaguardare tale patrimonio come unico bene culturale appartenente ai popoli del mondo intero, a prescindere dal territorio sul quale si trovano.
Successivamente, nel 2003, con la convenzione siglata a Parigi e ratificata dall’Italia con la Legge 167/2007, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura ha ampliato il concetto di patrimonio culturale nazionale, facendo rientrare in tale definizione (per la prima volta) non solo i beni culturali materiali, ma anche l’insieme dei beni culturali immateriali che contribuiscono a formare e a identificare la cultura di una determinata nazione e che sono rappresentati dalle diverse caratterizzazioni delle manifestazioni culturali immateriali.
Specificando che per beni culturali immateriali “s’intendono le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il complesso delle cognizioni (come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi) che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana.
Ai fini della presente Convenzione, si terrà conto di tale patrimonio culturale immateriale unicamente nella misura in cui è compatibile con gli strumenti esistenti in materia di diritti umani e con le esigenze di rispetto reciproco fra comunità, gruppi e individui nonché di sviluppo sostenibile.”
In sostanza, rientrano nel patrimonio culturale immateriale le tradizioni, le espressioni orali (incluso il linguaggio) le arti dello spettacolo, le pratiche sociali, i riti, le pratiche rurali e urbane, le feste, l’artigianato tradizionale e le conoscenze e le pratiche concernenti la natura e l’universo.
Pertanto, a seguito di tale Convenzione, i suddetti beni immateriali (che fino ad allora non avevano beneficiato di alcuna tutela) ricevono valore internazionale e tutela giuridica.
Più di recente la Convenzione del Consiglio d’Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali siglata a Nicosia il 19 maggio 2017, con l’obbiettivo di prevenire e combattere la distruzione, il danneggiamento e il traffico illecito di beni culturali prevedendo la criminalizzazione di determinati atti, per come più specificamente si dirà in seguito, rafforza la risposta della giustizia penale a tutti i reati connessi ai beni culturali.
La suddetta Convenzione all’articolo 2 chiarisce la nozione di bene culturale, specificando quali sono i beni oggetto di tutela e, successivamente, individua quali sono le condotte che devono essere considerate illecite in quanto lesive dei suddetti beni.
In particolare il citato articolo fa un’elencazione che ricomprende sia i beni mobili che immobili (presenti sulla terra o sott’acqua) definiti o classificati nella detta Convenzione, ovvero individuati nella Convenzione dell’UNESCO del 1970.
Da questa evoluzione si evince che la definizione logico-giuridica di bene culturale è relativamente recente ma anche particolarmente sfuggente e ampia, tanto che si è preferito ricorrere alle varie elencazioni delle categorie di beni che costituiscono una testimonianza avente valore di civiltà lasciando, in molti casi, ai singoli Stati l’individuazione concreta del proprio patrimonio culturale.
Tratto da La tutela penale dei beni culturali, Key Editore
Foto di Mbzt – Opera propria, CC BY 3.0