Costume e SocietàLetteratura

Dalla crisi del sistema della gerarchia delle fonti alla crisi della certezza del diritto

Le riflessioni del centro studi

Di Stefania Mantelli – Avvocato del Foro di Catanzaro

Il modello della rete più propriamente, per usare le parole del costituzionalista Baldassarre Pastore “rinvia a una realtà improntata alla moltiplicazione dei centri di produzione e delle delegazioni del potere normativo, nonché all’interconnessione tra vari soggetti e posizioni in un gioco di reciproci intrecci, condizionamenti e integrazioni”. Non di rado un organo inferiore contribuisce alla creazione della norma insieme all’organo superiore in una dinamica che François Ost definisce di gerarchie aggrovigliate e l’insieme delle fonti è destrutturato e non più discendente da un unico centro di autorità.
In tale contesto normativo già divenuto disorganico si è innestata l’emergenza pandemica. Le scelte politiche adottate per la gestione di tale contingenza assolutamente eccezionale ha messo in discussione la coerenza del sistema normativo e la tenuta democratica del Paese. E duole, su questo fronte, non aver sentito la voce forte e autorevole di alcuni insigni giuristi, in passato sensibili a questi temi.
E, difatti, l’emergenza sanitaria ha avuto la conseguenza di far diventare la crisi del sistema delle fonti come strutturale e irreversibile. Vi è stata una proliferazione variegata e non strutturata di varie tipologie di atti, a cui mai prima si era attribuito valore di produzione normativa, non potendo rientrare nella categoria delle fonti formali: i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, le ordinanze del Ministero della Salute, le ordinanze di Presidenti di Regione e Sindaci, le circolari, ordinanze e decreti del Capo della Protezione Civile, raccomandazioni e rapporti di enti, finanche le domande poste con maggiore frequenza sui siti istituzionali. Molti di tali atti sono diventati addirittura decisivi nella produzione normativa, anche laddove hanno avuto a oggetto beni tutelati costituzionalmente, con palese violazione della riserva di legge. La prassi di dare prevalenza alle fonti regionali su quelle statali ha comportato finanche disparità di trattamento a seconda dei territori. I diritti costituzionali sono stati fortemente compressi in uno sforzo, dagli esiti assai discutibili, di nuovo bilanciamento tra essi.
Di fatto l’emergenza pandemica è stata gestita prevalentemente con provvedimenti di natura amministrativa (ordinanze, circolari, linee guida, e simili) e tale metodologia ha creato innumerevoli problemi interpretativi, rendendo assai difficoltoso comprendere quale fosse la linea di comportamento da adottare in concreto. Tutto ciò, ha intaccato il principio della certezza del diritto e complicato il lavoro degli operatori, rendendo instabile il rapporto tra il cittadino e le Istituzioni, piegando il principio di legalità alle necessità di un contesto in rapida evoluzione.
Orbene, dovendo il diritto conservare la funzione di strumento di regolazione sociale è necessario che esso mantenga i propri caratteri fondamentali, in una cornice giuridica coerente e maggiormente rigorosa. È essenziale, quindi, che vengano individuate in futuro soluzioni che comportino, innanzitutto, il minor sacrificio possibile delle garanzie e dei diritti costituzionali poiché conquiste di civiltà giuridica che pongono al centro l’uomo, il cui interesse non deve essere considerato recessivo davanti a quello astratto di collettività. L’interesse della collettività, infatti, giuridicamente, non può essere altro che il risultato della sommatoria dei diritti del singolo, che non possono tollerare sacrificio alcuno, tantomeno in termini di rispetto della dignità umana e di godimento e tutela dei diritti sanciti dalla nostra Costituzione poiché da essa riconosciuti a ogni singolo individuo.

Estratto da L’Eco Giuridico del Centro Studi Zaleuco Locri del 18/11/2023

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