Costume e SocietàLetteratura

La proposta di modifica delle Leggi di Zaleuco arriva all’Assemblea Popolare

La Repubblica dei locresi di Epizefiri

Di Giuseppe Pellegrino

In ogni caso era la morte, o vera, o di fatto. Perciò, la mattina del ventesimo giorno del mese di panamos dello stesso anno, si presentò da Menalcheo e disse di voler chiedere una modifica alla legge e pregò il magistrato di convocare la Dàmos di fissare l’assemblea per la decisione.
«Come tu vuoi, Dione» disse Menalcheo subito. Poi continuò: «Dovrò convocare i Proboloi, che preparino il testo che tu vuoi far approvare e che sarà proposto alla Dàmos per l’approvazione. Credo di avere chiaro in testa la riforma che vuoi fare approvare. Sarà comunque la Bolà a far suo il testo, se approvato.»
Dione fece cenno di saluto e di rispetto inchinando il capo e se ne andò.
E Menalcheo seguì la trafila di legge. Tra le prerogative della
Bolà vi era quella di preparare i lavori per l’Assemblea popolare, a mezzo dei Proboloi, ciò al fine di evitare una discussione confusa e poco chiara. Ma ciò non direttamente, ma attraverso appositi magistrati. Non tardò molto, il Magistrato Eponimo, a presentare alla riunione mensile di legge dell’Assemblea popolare. Anzi non vi era bisogno di alcuna convocazione, posto che nel mese di apellaios vi era una riunione ordinaria secondo il calendario delle Assemblee. Il Magistrato era euforico, l’occasione era anche ghiotta perché costituiva un diversivo nel momento difficile per la storia della Polis. E poi, la sua carica, che durava solo un anno, sarebbe scaduta nel mese di Athanaios e, quindi, veniva meno l’occasione per presiedere una Assemblea importante.
I motivi per la pubblica discussione erano diversi: in una bella giornata, l’Assemblea popolare, che non poteva essere convocata nel
Buleterio, ma neppure nell’Agorà, che non aveva spazio sufficiente posto che il fatto avrebbe determinato la curiosità di tutti i locresi e per votare non ci sarebbero stati assenti. Il Teatro di Locri da molto tempo era diventato il luogo dell’Assemblea; aveva una capienza di 4.500 posti e, stando stretti e all’in piedi, anche 6.000. Perciò, poiché con il mese di Apellaios, festeggiato che era l’anno vecchio e iniziato da pochi giorni il nuovo, occorreva comunque tenere una Assemblea, fu fissato il giorno terzo all’ora quarta.
Quel giorno vi erano ben due casi da decidere di modifica o di aggiustamento delle leggi locresi. Da quando lo Splendente aveva ricevuto da Minerva le leggi, e lui le aveva date a Locri, non si era verificato nessun tentativo di cambiare una legge approvata e stabilita. Perciò, i
Politai sapevano di dover stare attenti ed essere severi. Ciò soprattutto perché da qualche tempo in Locri stava nascendo un malumore sotterraneo, ma continuo e fastidioso. «Le leggi di Zaleuco – diceva Admeto, – sono utili solo agli interessi degli Klèroi, che conservano i loro privilegi da agrari ricchi e protetti, senza che vengano presi in considerazione gli interessi dei più, che non sono locresi». Perché ad Epizephiri si stava verificando una situazione insostenibile. Solo gli Klèroi, ossia coloro che detenevano la terra assegnata dalla Polis e i loro figli avevano un futuro. Pure gli artigiani, ormai, erano in difficoltà. Era inutile lavorare le terrecotte se nessuno poi le comprava. Anche il fatto di portarle fino in Ellade era inutile. Perché in Ellade gli artigiani non mancavano e perché tutti pagavano in moneta e a Locri, per come disposto da Zaleuco, la moneta era proibita. Questo impediva la nascita di commercianti, poiché non era possibile più la vecchia regola del baratto. Solo il legname e la costruzione di navi e l’uso della pece rendevano. Ma, anche qui, l’accesso era limitato a pochi. Non solo, nessun veniva fatto di allargare i confini di Locri. Le nuove terre da dividere tra i nuovi poveri potevano essere uno sbocco. Ma Locri difendeva solo i monti del legname e non allargava i confini della terra coltivabile.
Così, Admeto aspettava la
Dàmos per il giudizio, sperando che ciò fosse l’inizio di una vero e proprio cambiamento. Se le cose, sarebbero andate per il verso giusto, l’uomo pensava si potesse abbattere il divieto di introdurre moneta a Locri e, magari, con la moneta, spingere per l’allargamento dei confini. Admeto, quel giorno, non sentiva grida di guerra vicine, eppure già qualcuno stava preparando le armi.
Il magistrato eponimo, si decise a dare inizio alla discussione, dall’alto, o meglio dal basso, del suo seggio. Il Popolo era seduto nel Teatro. Invero, la situazione era strana posto che le posizioni sul luogo erano esattamente l’inverso del Potere rappresentato. Il Magistrato Eponimo era seduto sul palco del Teatro, su una sedia più alta, e aveva ai suoi piedi tutta la
Bolà, i cui rappresentanti erano seduti sui gradini. La cosa non lo infastidiva, perché da quel posto la sua voce risuonava molto potente, così che tutto il Dàmos, che stava in religioso silenzio per sentire, conscio anche del dramma che Dione stava vivendo, poteva sentire. Non diede subito la parola a Dione, ma spiegò che il potere probuleutico della Bolà aveva segnato per iscritto la proposta di legge a modifica delle leggi di Zaleuco stabilite e approvate.

Foto di Sandro Baldi – Opera propria, CC BY-SA 4.0

Redazione

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