Il conflitto tra Dione e Antenore e la Giustizia di Zaleuco
Di Giuseppe Pellegrino
Antenore aveva due occhi e perderne uno, per la legge del brokos di Zaleuco, non era un gran danno. Egli sapeva bene che con un occhio solo una persona si poteva gestire bene. Ma per un uomo che aveva un occhio solo, e per di più vecchio, diventare cieco era la fine. Né Dione poteva contare sulla prole per avere vendetta o per la cura della proprietà. Kore non era solo gobba, ma anche sterile. Ma a questa sventura, Dione ormai aveva fatto il callo. Quello che lo preoccupava era la roba. Se fosse diventato cieco, Antenore a poco a poco avrebbe spostato i confini e lui non se ne sarebbe neppure accorto. Perciò, si fermò nell’alterco, perché la sua mente, che era un vulcano, già prefigurava le mosse che doveva fare il giorno seguente. Non temeva di essere aggredito, il vecchio Dione, perché Antenore era venuto solo e lui aveva vicino a sé i servi. E poi, nonostante l’età, sapeva difendersi. Perciò, si acquietò al pensiero e si ritirò nella capanna a meditare. La sera tornò presto a Epizephiri. La mattina dopo, all’ora seconda, si recò all’Agorà. Poi entrò nel Buleterio e qui vide, già assiso sullo scranno, l’arconte eponimo, pronto per decidere le questioni che gli venivano poste. Dione si avvicinò all’arconte e con un certo imbarazzo gli disse che voleva un chiar-mento al fine di non violare la legge:
«Dimmi, Menalcheo, se un uomo acceca di un occhio un altro uomo, la pena è quella del contrappasso, nel senso che verrà inflitta la pena di cavarsi un occhio. Ma se l’uomo che riceve una offesa, è già di suo cieco di un occhio, la pena che riceverà è quella del taglione o del contrappasso, che è la cecità?.»
L’emerito magistrato Menalcheo non capì il perché della domanda, ma sapendo e vedendo Dione cieco di un occhio, capì che l’uomo non parlava per ipotesi, per cui, con contegno dottorale, disse:
«La legge è chiara, Dione, e non da adito a dubbio. Anche per l’uomo che riceve il danno della perdita dell’unico occhio, la pena per l’aggressore sarà quella di un solo occhio.»
«Ma – controbattè il vecchio Dione, con astio, – il danno che ne riceverà l’uomo è la cecità. I locresi dunque non applicano i principi di Zaleuco del bròkos, del contrappasso, ma la legge dei giudei del taglione, se il danno è per l’uomo la cecità e non la sola perdita dell’occhio!»
«C’è del vero nel tuo ragionamento, Dione – ammise l’esimio magistrato, – ma la legge prevede solo in questo modo.»
Il vecchio non voleva arrendersi, per cui insistette:
«Ma le legge non può essere modificata o acconciata in miglior forma per obbedire ai principi di Zaleuco?»
«Ogni legge può essere modificata dalla Dàmos, se un cittadino qualsiasi lo propone – rispose il magistrato. – Ma tu dovresti sapere quale è il rito; perché chi vuole il cambiamento di una legge deve presentarsi davanti alla Dàmos con un cappio al collo e le conseguenze le sai» concluse il magistrato con faccia severa.
«Ti ringrazio, esimio magistrato. Le tue risposte mi hanno chiarito le idee» disse meditabondo il vecchio Dione. Che si passò poi la mano sull’unico occhio buono, convincendosi che occorreva meditare un poco sulla questione. Pian piano, Dione guadagnò l’esterno del Buleterio e, seguendo i suoi pensieri, si ritirò verso casa.
I disaccordi tra Dione e Antenore non si sviluppavano solo sui fondi di proprietà. Per sventura, entrambi abitavano a Epizephiri e, sempre per lo stesso caso sventurato, uno di fronte all’altro. Antenore la notte non dormiva. Ormai aveva capito che Dione si recava sulla proprietà in ore insolite e, con l’aiuto dei servi, spostava i segni lapidei di confine e guadagnava un poco di terra per volta. La cosa era agevolata dal fatto che Zaleuco, allorché si previde di ripartire tra i Locresi la terra, non usò un metro uguale per tutti, ma giustamente diede uguale porzione per valore. Dione riteneva che la sua terra non fosse migliore di quella di Antenore, per cui l’aver avuto una minore estensione, lo considerava un’ingiustizia. Perciò, quando gli riusciva, allargava i confini un poco alla volta. Invero, dopo anni e anni di coltivazione, tra la terra di Antenore e quella di Dione non vi era gran differenza di qualità, per cui Dione, la sua condotta, la riteneva giusta. Antenore ne aveva capito il disegno e sentiva l’usurpazione come la più grande delle ingiustizie. Peraltro, aveva tre figli grandi, per cui alla sua terra ci teneva. Perciò ogni qual volta che vedeva il vecchio Dione era sua cura rinnovare la minaccia. Di più, pensava che, in fondo, era un affare. Disfarsi del vecchio, fatto cieco, e senza figli significava che era lui stesso a poter pian piano, prima riportare i confini originari e poi ampliare gli stessi. Antenore, la mattina si svegliava presto, e appena, sentiva rumore di passi nella strada, sicuro che fosse il vecchio che si recava in campagna usciva di casa e rinnovava gli improperi e la minaccia. Dione, ora la mattina si alzava con apprensione, per cui cominciò a maturare l’idea che presentarsi davanti alla Dàmos con un cappio al collo non era più terribile che diventare cieco.
Continua…
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