Attualità

Cronaca di una frammentazione annunciata

Di Mariateresa Fragomeni – Sindaco di Siderno e Dirigente nazionale del Partito Democratico

L’approvazione, anche da parte della Camera, del disegno di legge per l’attuazione dell’Autonomia Differenziata delle Regioni a statuto ordinario, ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, rappresenta una decisione che spacchetta lo Stato italiano in venti Repubbliche, ognuna delle quali potrà richiedere l’attribuzione di funzioni riferibili ai diritti civili e sociali che, come è noto, dovrebbero essere garantiti a tutti i cittadini ma che, di fatto, saranno diversamente graduati in base alle risorse delle singole regioni.
Il progetto separatista, la secessione dei ricchi da sempre obiettivo della Lega Nord, ha trovato, lo scorso mercoledì, la sua formale consacrazione, diventando una legge dello Stato.
L’aspetto tragicomico, in uno scenario purtroppo solo tragico per il futuro del nostro Paese, è che questo scellerato disegno della Lega, frutto di una concezione duale che non è mai appartenuta alla nostra cultura politica (e che ha prodotto dei veri obbrobri sul piano legislativo) è stato realizzato grazie ad un partito, Fratelli d’Italia, che prende il nome dall’incipit dell’inno di Mameli, ossia dal principale simbolo dell’unità nazionale.
Su quanto sia ingiusta la riforma, è appena il caso di soffermarsi: in cambio del riconoscimento del Livelli Essenziali di Prestazioni, un qualcosa che già era previsto in Costituzione, e può farsi risalire, prima ancora che agli articoli 116 e 119, allo stesso a articolo 3, alcune regioni potranno avocare a se delle competenze esclusive su alcune materie, da finanziare attraverso le maggiori partecipazioni ai tributi erariali.
Ma se l’unico punto fermo, sul finanziamento di queste ulteriori forme di autonomia è che la spesa totale dovrà restare invariata, l’unica logica conseguenza è che ogni volta che una regione ricca tratterrà una maggiore fetta del cosiddetto residuo fiscale, automaticamente si andrà a ridurre quella già esigua fetta destinata alla perequazione degli squilibri, attraverso il finanziamento dei LEP.
Ma al di là delle analisi tecniche, per quale motivo dovremmo credere che un modello già rivelatosi fallimentare in ambito sanitario, dovrebbe avere un esito diverso una volta applicato ad altre materie?
Forse dovremmo chiedere delle delucidazioni al senatore (forzista e calabrese) Mario Occhiuto, che dopo aver votato, a Palazzo Madama, a favore del Disegno di Legge Calderoli, oggi cerca di metterci una pezza richiamando proprio gli emendamenti in virtù dei quali la concessione di qualsiasi forma di autonomia è subordinata alla definizione e al finanziamento dei LEP.
Ma se i LEP non sono mai stati, finora, definiti, perché di fatto non ci sono le risorse per finanziarli a un livello accettabile, come si pensa di poterli garantire e finanziare a spesa invariata, con le regioni più ricchi che pretendono di drenare ulteriori risorse pubbliche?
Del resto il centro studi del Senato e la banca d’Italia (per citare due istituzioni autorevoli e super partes) hanno quantificato in almeno 80.000.000.000 ogni anno e per sempre il fabbisogno per finanziare i LEP.
Come fa un governo ,a procedura di infrazione sul debito appena aperta dall’Unione Europea, che non riesce a fare la legge di bilancio di questo autunno a ragionare di altro?
È un vero e proprio gioco delle tre carte quello a cui stanno dando vita i principali esponenti di Forza Italia eletti nelle Regioni del Sud. A partire dal Presidente della Regione Basilicata Vito Bardi e, soprattutto, il suo omologo calabrese Roberto Occhiuto, fratello di quel Mario che ha votato in Senato per l’Autonomia Differenziata, che oggi plaude alla decisione dei deputati forzisti calabresi Francesco Cannizzaro, Giuseppe Mangialavori e Giovanni Arruzzolo, che hanno disertato il voto in aula sull’autonomia differenziata.
Una sorta di ritirata strategica che ha fatto emergere (qualora ce ne fosse bisogno) l’incoerenza dello scontro cerchiobottista tra Mario e Roberto Occhiuto: il primo vota a favore dell’Autonomia Differenziata in Senato, tentando di tranquillizzarci sull’irrealizzabilità, in concreto, dell’autonomia differenziata, sottoposta alla condizione dei LEP; il secondo, dopo aver dato l’intesa in Conferenza Stato Regioni, ha aderito al coro di critiche al provvedimento in via di approvazione in Parlamento, plaudendo, infine, alla decisione di Cannizzaro, Mangialavori e Arruzzolo.
Occhiuto contro Occhiuto, dunque.
Un titolo che rievoca un famoso film di fine anni ’70, ma che, nello svolgimento, ricorda piuttosto una farsa in vernacolo, rappresentazione icastica della destra al Governo che, come ha ricordato Matteo Salvini allo stesso Roberto Occhiuto, aveva ben chiaro l’obiettivo dell’Autonomia Differenziata nel proprio programma elettorale.
Con buona pace di distinguo tardivi del Presidente della Calabria e del Presidente del Consiglio regionale Francesco Mancuso e delle ritirate strategiche di Cannizzaro, Arruzzolo e Mangialavori.
E se è chiaro, come ha dimostrato e chiesto a gran voce il popolo delle opposizioni durante la manifestazione di piazza Santi Apostoli in Roma, che bisogna ripartire dalla Costituzione, è altrettanto evidente che per i parlamentari calabresi (e meridionali in genere) nella maggioranza di Governo, il tempo della ricreazione è finito.
E se davvero vorranno dare un senso alle perplessità espresse in questi giorni (con grande ritardo) sull’Autonomia Differenziata, dovranno farsi parte attiva nella campagna referendaria tesa a fare abrogare quanto appena approvato.
Oppure sarà l’ennesimo bluff!
Perché se errare è umano, perseverare sarebbe non solo diabolico, ma assolutamente senza ritorno.
Pensino, soprattutto, i parlamentari forzisti calabresi, per una volta, prima di tutto ai calabresi, non solo a quelli che li hanno votati, ma anche ai loro figli ed ai loro nipoti, vere vittime dell’Autonomia Differenziata.

Redazione

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