Attualità

Giornata Mondiale del Rifugiato: solidarietà e tolleranza per un futuro comune

Bentornati a Quel che Nessuno vi ha detto, lo spazio in cui ci immergiamo nelle profondità dell’attualità e della società per scoprire ciò che potrebbe sfuggire alla superficie.
Oggi, 20 giugno, celebriamo la Giornata Mondiale del Rifugiato, un’occasione per riflettere sulla condizione dei milioni di persone costrette a fuggire dalle proprie case a causa di conflitti, persecuzioni e violazioni dei diritti umani. In un mondo segnato da crescenti tensioni e guerre, i valori della solidarietà e della tolleranza sono fondamentali per garantire un futuro migliore non solo ai rifugiati, ma anche alle società che li accolgono.
La solidarietà e la tolleranza sono principi cardine per costruire una società inclusiva e sostenibile. La campagna #WithRefugees, lanciata dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, mira a sensibilizzare l’opinione pubblica e i governatori mondiali sull’importanza di garantire ai rifugiati un’istruzione, un lavoro e un posto sicuro dove vivere. Attraverso queste azioni, non solo si migliora la vita dei rifugiati, ma si contribuisce anche al benessere delle comunità ospitanti, favorendo l’integrazione e la coesione sociale.
Le migrazioni forzate rappresentano una sfida complessa, ma anche un’opportunità per le società ospitanti. I rifugiati portano con sé competenze, esperienze e culture diverse che possono arricchire il tessuto sociale ed economico del Paese d’accoglienza. Tuttavia, per realizzare appieno questo potenziale, è necessario adottare politiche di accoglienza inclusive che promuovano l’integrazione e il rispetto dei diritti umani.
Negli ultimi anni, come ben sappiamo, l’emergenza rifugiati e la questione corridoi umanitari è stata al centro delle cronache (e delle propagande elettorali) mostrando due facce di una stessa drammatica medaglia. Da un lato infatti, abbiamo assistito a un esodo normalizzato e spesso ben accetto dalla popolazione autoctona (vedi il caso dei rifugiati ucraini), mentre dall’altro si faceva fronte come si poteva ai viaggi della speranza d gruppi più o meno nutriti di disperati che si stipavano nelle carrette del mare pur di conquistare un’esistenza degna di tal nome e che, una volta giunti sulla costa, si vedevano costretti a sostituire l’odissea del viaggio a quella di una marginalizzazione dettata da diffidenze e demagogie che hanno trasmesso l’idea che alcuni rifugiati avessero più diritto di essere accolti rispetto ad altri.
In questa seconda categoria certo si incasella l’ennesima tragedia consumatasi all’inizio della settimana al largo delle nostre coste, durante la quale una barca a vela con a bordo diversi migranti si è ribaltata in seguito, si presume, a un’esplosione.
L’arrivo dei sopravvissuti al Porto delle Grazie di Roccella Jonica, presso il quale tanti sono giunti in condizioni disperate (una donna è morta poco dopo l’arrivo), ha permesso di ricostruire in parte l’evento e la nazionalità dei passeggeri, oltre che di attivare le ricerche delle persone disperse, di cui ancora oggi non si conosce il numero esatto.
Negli ultimi mesi, la rotta migratoria tra le coste calabresi e quelle turche si è rianimata, con flussi di migranti dal Medio Oriente che continuano a sbarcare sulle banchine di Roccella e Crotone. Anche il veliero monoalbero andato perduto seguiva questa rotta partendo da un porto turco, una condizione che, unitamente a quanto accaduto, costituisce un richiamo al cambio di politiche di soccorso e accoglienza da parte dell’intera Unione Europea.
Come evidenziato dal vescovo della Diocesi di Locri-Gerace Francesco Oliva, questa e altre recenti tragedie del mare sono inoltre un richiamo urgente all’umanità e alla responsabilità collettiva. Ogni naufragio, si legge nella missiva che Monsignore ha diffuso nella giornata di martedì, costituisce un fallimento della nostra capacità di proteggere i più vulnerabili. È imperativo che le istituzioni adottino pertanto politiche di accoglienza più umane ed efficaci, che non solo prevengano ulteriori tragedie, ma garantiscano anche un futuro dignitoso a chi fugge da situazioni disperate.
La Giornata Mondiale del Rifugiato, insomma, è un momento di riflessione e di azione che mai come in questo caso, soprattutto nel nostro territorio, invita tutti noi, cittadini e istituzioni, a lavorare insieme per costruire un mondo più giusto e solidale. Solo attraverso la tolleranza e la solidarietà possiamo infatti garantire un futuro migliore sia per i rifugiati sia per le nostre comunità. Perché dobbiamo metterci in testa che un Paese a crescita zero può avere un futuro solo con il contributo di tutti, anche di chi ha un colore di pelle diverso dal nostro ma guarda con affetto quel tricolore che gli ha dato una nuova opportunità di vita, esattamente come i nostri nonni hanno fatto con i vessilli di tanti altri Paesi d’Europa e del mondo che hanno allargato le braccia anziché chiudere i porti.

Foto di form PxHere

Oὐδείς

Oὐδείς (pronuncia üdéis) è il sostantivo con il quale Ulisse si presenta a Polifemo nell’Odissea di Omero, e significa “nessuno”. Grazie a questo semplice stratagemma, quando il re di Itaca acceca Polifemo per fuggire dalla sua grotta, il ciclope chiama in soccorso i suoi fratelli urlando che «Nessuno lo ha accecato!», non rendendosi tuttavia conto di aver appena agevolato la fuga dei suoi aggressori. Tornata alla ribalta grazie a uno splendido graphic novel di Carmine di Giandomenico, la denominazione Oὐδείς è stata “rubata” dal più misterioso dei nostri collaboratori, che si impegnerà a esporre a voi lettori punti di vista inediti o approfondimenti che nessuno, per l’appunto, ha fino a oggi avuto il coraggio di affrontare.

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button