Costume e SocietàLetteratura

L’attrazione del buio: la fuga dal seminario alla riscoperta della vita

Storie d’altri tempi

Di Francesco Cesare Strangio

Cercava di resistere con tutte le sue forze a quello che gli fu detto, essere la voce del demonio.
Con l’incamminarsi sempre di più nel buio della notte e l’incalzare delle domande, veniva meno la resistenza delle difese contro il diavolo tentatore, che gli offriva, al suo insindacabile giudizio, l’immagine di Benedetta, figlia maggiore del confinante di podere, che Marco portava nel luogo più segreto del cuore sin dalla fanciullezza.
La giovane era così bella da annientare le ultime sacche di resistenza presenti nel giovane seminarista a difesa delle lusinghe del demonio.
Dopo l’interminabile travaglio di quella notte, ancor prima che le prime luci dell’alba ecclissassero le tenebre, Marco fuggì dal seminario; dopo aver percorso quaranta chilometri a piedi, arrivò alla propria dimora.
Aveva poco più di venti anni quando contrasse matrimonio con Benedetta; da quell’unione nacquero Antonio e Maria.
La gente del paese portava molta stima al mancato prete per il suo alto livello intellettivo e culturale.
La sera, quando l’intera famiglia si sedeva a tavola per cenare, il nonno raccontava le storie in latino. Con il passare del tempo persino la mamma di Marco imparò la lingua degli antichi. La buona conoscenza dell’antica lingua portava Marco, quando era in cantiere, a proferire qualche battuta in latino. Rocco, nel sentire quello strano linguaggio, puntualmente andava fuori di testa, spingendosi a dire: «Qui con non abbiamo un discepolo che vuole imparare l’arte del muratore, bensì un prete. Fermiamoci tutti così ci fa un bel sermone!»
Mastro Filippo, nel sentire blaterare il nipote, interveniva: «Stai zitto, cretino! È meglio sentire Marco disquisire in latino, anche se capiamo poco e niente, che sentire te che dici fesserie dalla mattina alla sera!»
Puntualmente le parole dello zio lo ammutolivano.
Il nonno, in casa dei Fera, era il deus ex machina, nessuno diceva o faceva qualcosa senza il suo consenso.
«Antonio, prendi una bottiglia di passito a dalla a Salvatore per portarla a Maria.»«Va bene!» rispose il figlio.
Salvatore, dopo aver salutato, con i dovuti ossequi, uscì di casa accompagnato da Marco.
Il cane Argo, come sempre, stava lì a guardare il passaggio dei due amici senza emettere neppure un guaito.
Dalla casa di Marco s’intravedeva, in lontananza, il cascinale di Lucia. Mentre Salvatore stava per inforcare la bici, una luce attrasse la sua attenzione: «Hai visto il lampo di luce?»
«Sì! Sembrava quella di una torcia. Che io sappia lì non sta nessuno. Come mai quella luce?» domandò Marco.
«Questa notte presta un pò di attenzione e vedi se noti movimenti» disse Salvatore.
Un’azione decisa sul pedale e la bicicletta si mosse verso casa. Cinque minuti dopo, si trovò davanti all’uscio. La madre nel vederlo si rasserenò.
Il figlio era solito, a quell’ora, essere dentro le mura domestiche da almeno un’ora.
«Dov’eri andato a finire?» domandò la madre.
«Sono stato dai Fera, che mandano una bottiglia in omaggio alla tua persona.»
«È una famiglia di una gentilezza unica. Quando arriva Natale, gli porteremo un panettone.»
Salvatore, dopo aver cenato, si ritirò nella camera che condivideva con i due fratelli, mentre la sorella dormiva con la madre. Il suo letto era poggiato nella parte lunga del muro, proprio sotto la finestra; dalla parte opposta, con la testa contro il muro, c’erano due letti con interposto un comodino di legno massello, che gli aveva regalato il proprietario di un fabbricato in cui stavano facendo lavori di ristrutturazione.
I due letti erano in ferro battuto con un foglio di lamierino nella parte finale finemente lavorato e dipinto a mano, era uno spettacolo a vederli.
La gente era sopraffatta dalla moda che iniziava a dettare le sue leggi, condizionando le scelte secondo le varie politiche produttive.
Tutto ciò che apparteneva al passato, era gettato nelle discariche a cielo aperto. Nel paese di Salvatore, a fare da discarica, era la vicina valle che si trovava a qualche centinaio di metri dalla periferia ovest del paese. Il resto lo facevano le frequenti piogge torrenziali che trasportavano i rifiuti al mare.
Prima di iniziare le opere di ristrutturazione, il proprietario aveva caricato tutta la mobilia su di un camion per portarli alla valle. Rocco, dopo aver periziato il mobilio sul camion, chiese al proprietario qual era la destinazione di tutta quella roba. Senza esitare, il proprietario rispose: «Li vado a buttare al solito posto.»
«Come mai li butta?» chiese Rocco.
«Li butto via perché hanno fatto il loro tempo.»
«Le dispiace se porto via il tavolo?» domandò Rocco.
«Per carità! Se porti via tutto, mi fai un favore!» rispose il proprietario del fabbricato.
A Rocco interessava solo il tavolo, giacché quello di casa aveva una gamba traballante.
Salvatore era rimasto lì a guardare. Quando si rese conto di come stavano realmente le cose, chiese a Rocco se potesse portare via i due letti con il comodino.
Rocco rispose che a lui non interessava quella robaccia.

Foto di form PxHere

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