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La primavera arbëreshë riparte da Spezzano Albanese

Di Cataldo Pugliese – Presidente di Italia delle Minoranze

Dopo decenni di silenzio tombale, fin troppi, il fiore degli italiani di Albania rifiorisce con vigore e fiduciosa speranza. La primavera arbëreshë rinasce da Spezzano Albanese, una ridente comunità situata sulle colline sibarite, diventata nell’ultimo ventennio un triste dormitorio, per il piacere di pochi e per il dispiacere di troppi. Un paese noto in tutta la Calabria per la sua goliardia e allegria, per la sua identità e cultura di accoglienza.
Spezzano, un paese con una posizione geografica logisticamente strategica e invidiata da tutti, posizionata al centro della provincia cosentina, comodissima per raggiungere la costa ionica, come la costa tirrenica e la città capoluogo Cosenza, a due passi dall’ingresso autostradale. Un paese ricco di storia e di archeologia con il Pianoro del Mordillo abbandonato a se stesso, il più grande parco archeologico calabrese per estensione. Un paese ricco di sorgenti naturali con un’acqua termale idropinica unica in Europa, chiuse da anni nel degrado più totale, per la tristezza dei cittadini e di tutti quei calabresi che per decenni si è curata malattie, un’acqua con una straordinaria ricchezza delle sue proprietà curative per fegato e intestino, apparato digerente e metabolismo. Un paese su cui ricade un’immensa pianura agricola che congiunge la piana di Sibari alla Valle del Crati, con uno scalo abbandonato da decenni e privo di una programmazione di sviluppo urbanistico e dell’artigianato.
Se è vero che viviamo in un’epoca di forti cambiamenti, se è vero che il vecchio modo di fare politica e i partiti hanno fallito, è altrettanto vero che la necessità di un radicale cambiamento della classe dirigente diventa indispensabile per il nostro Paese. L’Italia, da quinta potenza mondiale, diventata lo zimbello dell’Europa intera, è chiamata a riappropriarsi della propria identità, attraverso un forte senso di responsabilità, un richiamo all’essenza della comunità, con il coraggio di cambiare.
E allora è altrettanto vero che la storia ci insegna di come le comunità arbëreshë integrate benissimo in Calabria, come in tutta l’Italia del Meridione da diversi secoli, hanno sempre partecipato alle lotte per i diritti e hanno sempre contribuito alle sorti del nostro Paese. Come dimenticare il periodo storico dell’800, dove uomini valorosi, rivoluzionari intellettuali, hanno dato la vita per l’unità d’Italia, molti sono stati gli arbëreshë garibaldini, definiti Eroi, sul fronte in prima linea contro l’esercito del Re. Ma questa, ahimè, è un’altra storia, probabilmente tutta da riscrivere.
E allora è bene sì. La primavera arbëreshë la stiamo riscoprendo e vivendo a Spezzano proprio in queste settimane durante le elezioni comunali, un’atmosfera Staliniana della vecchia politica spacca famiglie, un sindaco che più che il primo cittadino assomiglia a un generale di corpo d’armata però senza stellette. Un sindaco che siede da trent’anni al consiglio comunale e che oggi, dopo dieci anni, prossimo alla pensione di vecchiaia che fa?  Si ricandida a sindaco, ancora una volta sventolando le terre promesse.
Bello sarebbe stato se avessimo visto la candidatura nella sua lista un suo attuale assessore o consigliere, o magari un nuovo volto della società civile, magari anche donna, e invece no. Un pò alla marchese del Grillo…
Non me ne voglia nessun candidato della lista nº 2, gente perbene, forse fin troppo per non aver insistito il capo squadra a far cambiare idea per vincere le elezioni invece di perderle per come si prospetta e ci auguriamo. Probabilmente il candidato a sindaco ha obiettivi diversi, o forse non si aspettava lo tsunami dell’ultima ora. Quello tsunami venuto da lontano, ma con radici ben salde nel paese, ancorate da uno spirito di rinascita, orgoglio, consapevolezza e responsabilità, di chi ha avuto oggi e avrà domani il Coraggio di Cambiare, la lista nº 1 con Cucci sindaco.
Spizan moti ndroi (A Spezzano i tempi sono cambiati), una squadra di liberi professionisti e imprenditori che sta dimostrando con fermezza e umiltà, tutta la professionalità e tutta la maturità necessaria per amministrare un comune in cui vige un fermo amministrativo e un silenzio di tomba ormai da troppo tempo.
Mi auguro con tutto il cuore che a Spezzano torni l’armonia e la goliardia tra la gente, da paese dei balocchi siamo diventati il paese dei farlocchi. Concludo augurando ogni bene a tutti i candidati di entrambi le liste, di abbassare i toni, senza rabbia, di parlare di programmi e futuro, con l’augurio soprattutto dell’unione e della compattezza, affinché Spezzano torni ad essere politicamente quella dei plebisciti elettorali di una volta, e di essere nuovamente presente nello scacchiere politico della provincia e della regione. Quella Spezzano dei 3.000 voti, quella dei Giovanni Rinaldi e Vittorio Vattimo, quella dei fratelli Pugliese e dei Tursi, fino ad arrivare alla Spezzano dei Gennaro Cassiani, un nome arbëreshë spezzanese che ancora oggi rimbomba con onore e fierezza tra le stanze dei palazzi romani, della politica che fu.

Redazione

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