Maria di Nazareth tra libero arbitrio e predestinazione nel nuovo film di Paolo Zucca
Di Luisa Ranieri
Nel film di Paolo Zucca Vangelo secondo Maria, attraverso le immagini e le voci di una Sardegna equiparata alla Palestina di 2.000 anni fa, ci ritroviamo immersi nella durezza pietrosa di una cultura spietata soprattutto nei confronti delle donne e al contempo salvifica nelle acque vorticose dei suoi impetuosi torrenti: immersi, cioè, tra la miseria umana e l’aspirazione a un Divino più vicino agli uomini e da essi più comprensibile.
E tutto ruota intorno a una giovane e ribelle Maria di Nazareth che scappa dal ricco matrimonio impostole per convenienza dalla famiglia per seguire la Conoscenza e il Logos di cui le parla il non più giovane ma non ormai vecchio Giuseppe.
E, guardando il film, ci sembra di risentire le domande che Giuseppe Berto si era posto in quel capolavoro che è il suo romanzo La Gloria del 1978: se le Sacre Scritture avevano da secoli previsto il tradimento di Giuda per essere portate a compimento perché poi trasformare quest’ultimo nel Traditore per antonomasia e condannarlo addirittura a togliersi di mezzo mediante il suicidio?
Perché non glorificarlo, al contrario, e ringraziarlo in quanto esecutore di una Volontà Divina superiore?
Allo stesso modo, in questo film di Zucca: perché il destino di Maria è stato già assegnato dall’Alto con una gravidanza decisa a prescindere dalla volontà della giovane?
Che significato attribuire alle risposte fin troppo scontate dell’Arcangelo Gabriele latore di volontà altrui e l’insopportabile dolore prodotto dal suo annuncio nei riguardi dell’affetto più prossimo a Maria, rappresentato da Giuseppe?
Il libero arbitrio di cui sembra averci fregiati il Padreterno a cosa serve, se poi tutto è già stato stabilito, a prescindere, da Chi tutto può?
La risposta che Berto non trova ce la offre il film tratto dal libro di Barbara Alberti ed è di una semplicità così complessa da lasciarci tutti con una commozione indicibile in cuore e un senso di pace che ci riconcilia con la Vita e col Divino di cui essa è suprema espressione.
Film blasfemo, come è stato definito da molti?
Al contrario: si tratta di una realizzazione estremamente religiosa, ma di quella religiosità che, scaturendo come vivida fonte di vita proprio quando tutto sembra perduto, fa annegare l’umano Logos nel mare di Luce ed Amore di cui fa parte.