Costume e SocietàLetteratura

L’eternità e la reincarnazione: riti orfici, Pitagora e le tradizioni funebri

La Repubblica dei Locresi di Epizefiri

Di Giuseppe Pellegrino

Il fiume di Mnemosine trova la sua radice in Mn nella memoria che ciascuno di noi lascia presso la sua gente. Questa è l’Eternità. Quando Teti incontra il figlio Achille che pensa di partire per Troia gli chiede di scegliere il suo destino: o quello di una vita lunga e piena di soddifazione, circondato da figli da allevare e nipoti, senza lasciare traccia durevole nel tempo del suo ricordo; o quello di una vita breve, intensa, ma con un ricordo eterno presso i Posteri. Si sa che Achille scelse l’Eternità.
Incidentalmente, i riti Orfici trovarono in Pitagora (per il quale non nascondiamo neppure in questo caso la scarsa considerazione) un accanito sostenitore e soprattutto un innovatore. Con lui l’Eternità divenne Reincarnazione e i riti cominciarono a diventare segreti (come quelli di Persefone con gli adepti). Per l’uomo di Crotone la reincarnazione poteva avvenire in qualsiasi forma di vita, sia umana, sia animale e vegetale. Soffriva di favismo e, perciò, inibì l’uso delle fave, perché in esse poteva nascondersi qualche anima umana. Si narra questo aneddoto: due uomini passeggiano in una strada. All’improvviso un cane si avvicina infastidendo i due, e uno prende un sasso per scacciarlo; l’altro lo ferma in modo ironico, avvertendo: «Non farlo, potrebbe essere il fratello di Pitagora.»Dalla segretezza dei riti Orfici qualcuno trae anche l’origine dei principi massonici. Conferma l’assunto una pietra trovata a Cuma, ma conservata nel Museo di Napoli, nella quale la salvezza dell’anima sembra appartenere solo agli adepti della religione orfica. Datata intorno al 450 a.C., la norma ivi prevista sembra subire l’influenza pitagorica, intorno a coloro che per religione si distinguevano dalle altre genti:

Non è lecito che qui giaccia (sepolto) se non colui che si è fatto bacchos

Con il che si intendeva che la tomba era riservata solo a chi si era convertito ai riti Dionisiaciinsiti nei riti orfici.
Diverso il principio della vita eterna secondo i riti di Persefone. Alla Dea era sacro il cerchio e il serpente. Il cerchio che non ha inizio e non ha fine; il serpente che cambiando pelle nel tempo si rinnova. Dunque si abbandonavano vesti mortali per apparire con un nuovo corpo. L’anima era eterna e si rinnovava solo nella sua veste mortale.
Che senso aveva piangere i morti, se solo si trattava di mancare un tempo breve o lungo per ritornare sulla terra, essendo l’anima eterna? Aveva ragione Stesicoro che così ricorda l’uso locrese: “Non piangiamo i morti, poiché il nostro pianto è vano e sconsigliato.”La norma ha anche origine semitica. Nell’Antico Testamento vi è una previsione analoga. Dalla Torah giudaica si sono tratte le seguenti norme:

Diportatevi come figliuoli del Signore
Dio vostro: non fate incisioni e non vi tosate i capelli
.

Non del tutto infondata l’ipotesi che, nel caso in concreto, l’ispirazione sia al contrario. Ossia, è stata la Torah a ispirarsi alle leggi locresi. La motivazione sta in due elementi indiscutibili: la Torah è stata scritta e aggiornata in continuazione in un arco di tempo lunghissimo che va dal IX secolo avanti Cristo fino al II secolo; la seconda nel fatto che in tutto l’Antico Testamento non sembra esserci alcuna previsione di immortalità dell’anima; che anzi, il premio di una vita morigerata e ossequiente della Torah era di natura terrena. Cosi, il Deuteronomio:

Osserva i suoi insegnamenti e comandi,
che io ti annunzio, affinchè sii felice tu,
e i tuoi figlioli dopo di te e resti per lungo
tempo nel paese, il quale sarà dato a te dalSignore Dio Tuo.

Sempre per privilegiare il politicamente scorretto, nel tempo i riti Cristiani si sono impadroniti degli antichi usi greci, almeno nel Meridione, tanto che nei funerali i pianti e i lamenti (non sempre sinceri) si sprecano. Fino a non molto tempo addietro (sicuramente fino agli anni ’60) vi era l’uso di affittare un coro di donne piangenti che ricordavano virtù del defunto mai avute. Addirittura vi è una battuta terribile legata alla consuetudine dei cori piangenti delle donne a pagamento: “I ti giangiunu ‘i ffimmini da Gioiusa” (“Che ti possano piangere le donne di Gioiosa”). Con il che si augurava la morte a qualcuno, perché le donne di Gioiosa erano celebri per i cori a pagamento per i defunti.
Solone aveva cercato di limitare questi eccessi per legge. Eppure, come i greci (non locresi) antichi ancora oggi il cadavere viene rivestito e avvolto in un sudario, il corpo viene esposto su un letto per almeno 24 ore (al fine di evitare casi di morte apparente) con i piedi rivolti verso la porta (perché il corpo ricordi la via del ritorno) come se uscisse da solo; e su di esso si pongono fiori corone, ma non più bende.

Foto di form PxHere

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