I primi interventi legislativi volti a tutela e conservazione del patrimonio culturale
La tutela penale dei beni culturali
Di Francesco Donato Iacopino, Emanuele Procopio, Giovanni Passalacqua ed Enzo Nobile
L’arte, incarnando il bisogno umano di esprimere pensieri e sentimenti attraverso varie forme di rappresentazione, ha radici antiche riscontrabili nei disegni rupestri, nei monumenti come Stonehenge e nelle sculture delle civiltà sumere.
Tuttavia, il concetto moderno di opera d’arte come testimonianza storica e la legislazione per la sua protezione hanno origini più recenti, non trovando riscontro nelle civiltà antiche come quelle mesopotamiche, greche e romane.
La situazione non cambiò con l’avvento del Medioevo, periodo in cui le opere monumentali classiche vennero ritenute espressione di cultura pagana e in cui molti edifici monumentali delle antiche civiltà furono oggetto di spoliazione o videro modificata la loro destinazione.
Solamente in epoca rinascimentale cominciarono a emettersi i primi provvedimenti normativi tendenti, da un alto, alla valorizzazione e alla tutela degli edifici classici (Bolla Etsi de cuctarum del 1425) e, dall’altro, a porre fine alla pratica delle spoliazioni (Bolla Cum alman nostram urbanem).Quasi in concomitanza con l’emissione di essi, si avviò una legislazione volta a prevenire e impedire la sottrazione o l’alienazione dei beni appartenenti alla Chiesa (fra le altre: Bolla Cum provida Sanctorum Patrum decrete del 1474 e la Bolla Quæ publice utilia del 1574).
La produzione normativa finalizzata alla tutela delle opere d’arte si intensificò durante il periodo napoleonico, giacché con essa si intese contrastare la spoliazione sistematica a danno del patrimonio artistico italiano (soprattutto ecclesiastico) posta in essere dai francesi.
Si registrano in questo periodo due editti emessi dalla Stato Pontificio: il primo vide la luce nel 1802, l’altro, più efficace, nel 1820, passando agli annali con il nome di Editto Pacca.
Emanato dal cardinale camerlengo Bartolomeo Pacca sotto il pontificato di Pio VII, esso vanta il pregio di aver trattato in maniera organica la materia e posto le basi della successiva legislazione diretta a preservare e tutelare i beni culturali.
Tre le rilevanti disposizioni contenute nell’editto, è opportuno ricordare l’introduzione del principio della catalogazione, da realizzarsi attraverso la denuncia alla Commissione delle Belle Arti di tutti gli oggetti d’antichità e d’arte che si trovassero nelle chiese o in qualunque stabilimento ecclesiastico o secolare; la previsione di una serie di vincoli e controlli concernenti la conservazione e il restauro di detti beni; l’introduzione di vincoli alla circolazione dei beni culturali, distinguendosi quelli di singolare e famoso pregio per l’arte e per l’erudizione di più pregnante interesse, rispetto a quelli catalogati come non necessari o di sommo riguardo per il Governo, per i quali, pur non essendo vietata in assoluto la vendita, vigeva comunque l’obbligo di comunicazione dell’alienazione, pena la confisca; l’introduzione di una prima disciplina degli scavi e l’istituzione dell’Ispettorato delle Antichità e Belle Arti, competente a vigilare sull’applicazione effettiva delle regole così come introdotte.
All’editto Pacca s’ispirarono, nel periodo preunitario, il Gran Ducato di Toscana e il Regno di Napoli, le cui legislazioni trovarono applicazione per lungo periodo (anche dopo l’unificazione d’Italia) a causa delle forti resistenze che i progetti di legiferazione in materia incontravano per via delle avversioni provenienti dal mondo liberale, riluttante alle inevitabili limitazioni che tale legislazione comportava alla proprietà privata.
Infatti, solo con la Legge nº 185 del 1902 si ebbe una prima normativa postunitaria in materia di beni culturali.
Essa, però, si rivelo immediatamente inadeguata giacché, ai fini dell’operatività del regime di tutela previsto per i beni culturali, essa ne presupponeva una catalogazione.
A fronte della sostanziale inefficacia della L 185 citata, nel 1909 venne emanata la L nº 364.
Questa, ricalcando i criteri normativi dell’Editto Pacca, risultò di sicura validità ed efficacia, tanto che l’impianto è pervenuto ai giorni nostri, al netto di specifici adeguamenti intervenuti nel corso del tempo.
Essa infatti prevedeva, tra l’altro: la sottoposizione a tutela di tutti i beni che avessero interesse storico, archeologico o artistico, tranne le opere di autori viventi o risalenti a meno di 50 anni; l’acquisto coattivo da parte dello Stato delle cose presentate per l’esportazione, se da tale alienazione discendesse un grave danno per la storia, l’archeologia o l’arte della nazione; l’inalienabilità delle cose caratterizzate dai predetti interessi dello Stato e degli enti morali; il fatto che i beni culturali appartenenti a privati, se riconosciuti di importante interesse, reso noto attraverso uno specifico provvedimento di notifica, fossero soggetti a diritto di prelazione da parte dello Stato qualora il proprietario avesse inteso alienarle e, in ogni caso, che doveva essere autorizzato ogni intervento sulle cose stesse.
Dopo la L nº 304 del 1909 e i suoi innegabili pregi, si dovette attendere sino al 1939 per ottenere una prima organica e completa normativa in materia di beni culturali (oltre che in quella dei beni ambientali).
Tratto da La tutela penale dei beni culturali, Key Editore
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