Attualità

Mariaelena Senese sulla sicurezza sul lavoro: “Azioni concrete ora!”

Di Mariaelena Senese – Segretario Regionale della UIL

Proposte e non parole, atti concreti e non approcci filosofici, è questo quello che serve in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Per questo il nostro Segretario generale Pierpaolo Bombardieri ha chiesto al Governo:

  • lo stop al lavoro povero;
  • una procura speciale per gli infortuni sul lavoro;
  • l’istituzione del reato di omicidio sul lavoro;
  • più formazione per le imprese;
  • lo stop agli appalti pubblici per le aziende che subiscono infortuni;
  • l’assunzione di più ispettori;
  • più potere ai Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza per attività ispettiva.
  • lo stop ai subappalti a cascata;
  • la patente a punti per le imprese e la denuncia immediata di ogni incidente attraverso gli sportelli dell’Istituto di Tutela e Assistenza dei Lavoratori.

Occorrono urgentemente ispettori dedicati ai settori maggiormente colpiti da infortuni mortali.
Non possiamo pretendere che un ispettore possa controllare con pari competenza un’azienda agricola, un’industria chimica, un cantiere edile o una centrale elettrica.
Occorre potenziare con urgenza l’organico delle Aziende Sanitarie Provinciali e coordinare i vari organi ispettivi: Ispettorato Territoriale del Lavoro, Azienda Sanitaria Provinciale, Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro e Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, perché ciascuno deve fare il suo compito nel contesto di un unico intervento ispettivo, in cui l’Azienda Sanitaria Locale controlla la sicurezza sanitaria, l’ispettore del lavoro i contratti, l’INPS la previdenza e l’INAIL le coperture assicurative.
Siamo convinti, poi, che per provare a ridurre il rischio correlato ai subappalti a cascata sia necessario tenere nella debita considerazione la figura del Coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione. In capo a questa figura, prevista dall’articolo 90 del Decreto Legislativo numero 81 del 2008, spetta il coordinamento delle attività delle diverse imprese impegnate nell’esecuzione dei lavori al fine di ridurre i rischi per la sicurezza dei lavoratori.
Avere questa figura operativa sui cantieri è un obbligo per il datore di lavoro, potrebbe diminuire il rischio di incidenti e aumentare i controlli su tutta la filiera. Il Coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione governa l’area del cantiere, la sua organizzazione e le sue interferenze.
Siamo persuasi, anche, che la sicurezza non è soltanto la sommatoria di norme, è anche il modo con cui vengono applicate e sanzionate, perché come tutte le norme anche queste si prestano a essere eluse, aggirate, ma questo dipende dall’etica dell’impresa. Parliamo tanto di etica del lavoro ma troppo poco di etica di impresa.
I lavoratori pagano con la loro vita il veleno dei subappalti perché è lì che si annida il lavoro nero, perché il subappaltatore deve risparmiare il più possibile per conseguire la commessa e poi ricavare il proprio profitto, ma questo lo può fare risparmiando essenzialmente su due cose: sul costo della sicurezza e sulla qualità dei materiali.
Profitto mortale che miete vittime che ancora aspettano giustizia. Non c’è stato neanche il rinvio a giudizio per la strage di Brandizzo, dove sono morti 5 operai edili, e si sta ancora cercando di fare chiarezza su quanto accaduto nel cantiere di Esselunga a Firenze (altri 5 morti) e nella centrale Enel di Bologna (7 morti) che arriva la notizia dell’ennesimo gravissimo infortunio sul lavoro.
Altri 5 operai edili sono morti e 4 sono rimasti intossicati a Casteldaccia mentre eseguivano lavori sulla rete fognaria, vittime delle esalazioni di gas tossici. Siamo davanti all’ennesima strage multipla di operai!
Basta con la retorica del dolore è il momento della responsabilità. Morire in fabbrica, nei campi, in qualsiasi luogo di lavoro è uno scandalo inaccettabile per un Paese civile, soprattutto quando dietro agli incidenti si scopre la non applicazione di norme in materia di sicurezza.
Incidenti mortali plurimi, infine, che confermano il fatto che la colpa ricade nella gestione e organizzazione del lavoro.

Redazione

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