Costume e SocietàLetteratura

“Il futuro ha un cuore antico”

La voce letteraria

Di Luisa Ranieri

Non c’erano, per noi bambini, adulti controllori di ogni nostro respiro o passo.
Al mattino le mamme ci lavavano, ci cambiavano con abiti freschi di bucato fatto col sapone di Marsiglia, ci pettinavano e ci lasciavano liberi di scorrazzare a piacimento.Presenti solo noi bambini, dopo una colazione a base di latte e di un goccio di caffè il cui aroma si diffondeva in modo penetrante per tutta la casa, e senza alcun controllo se l’avessimo o no tutti e tutta consumata, la colazione, e, quindi con la libertà assoluta di consumarla o meno, ci recavamo nello stretto spiazzo davanti al Palazzo.
Avevamo preso l’abitudine di radunarci sotto le fronde del nostro più grande amico, u catricaru, ovvero un albero del genere delle magnolie che ci accarezzava col suo morbido fogliame e ci dava da giocare con i suoi semi dalla forma rotonda, prima verde e poi, in base al grado di maturazione, marrone.
In paese a quelli come lui e ai suoi simili avevano affibbiato tale nome per via della l’attitudine a produrre catriche, ovverosia cose confuse e di scarsa importanza, per via che era bello e profumato sì, ma del tutto inadatto a ricavarne legna, il che costituiva un handicap non da poco per le gloriose Serre Calabresi che dovevano dare abbondante legname alle segherie (elettriche e non) del posto.
Ma per noi piccoli, abituati come lui a produrre cose confuse e di scarsa importanza, non ci poteva essere nome più adatto ed era per questo che lo amavamo e lo sentivamo come un fratello e un amico.
Sotto quell’albero ci dividevamo in gruppi, in genere a seconda dell’età, e liberamente sceglievamo cosa fare.
In quelle fresche mattinate dell’estate satrianota a me piaceva stare a disegnare sul piccolo terrazzo sopra le scale della casa antistante, appartenente a una famiglia che non ci tornava più perché se n’era andata all’altro mondo e cioè era emigrata nella lontanissima Australia.
Ne avevano lasciato il cancelletto aperto, ben consapevoli che non sarebbero mai più tornati nella loro amata Satriano e perciò volevano che a godere di quel fresco ci fossero i vicini, ogni volta che lo desiderassero.
Lo spazio era sempre pulito perché a spazzarlo c’era il venticello che in quei posti non manca mai e l’aria non inquinata di quei luoghi montani.
E se io mi rivedo su quello spazio con addosso il mio prendisole di piquet verde e celeste, i sandaletti coi calzini bianchi ai piedi e il profumo del sapone di Marsiglia, misto a quello frizzante dell’aria di montagna, non posso che ricollegare a esso la mia predilezione per quei colori, per quella freschezza e per quella cura di me e del mio abbigliamento che mi ha sempre contraddistinta, capace come sono sempre stata (e sono) di cambiarmi anche due o tre volte prima di trovare il vestito e il profumo  adatti al clima, ai colori e all’atmosfera che mi circondano.
Proprio vero: “Il futuro ha un cuore antico”.

Tratto da Sulla scacchiera della vita, Pag.49-50

Redazione

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