Di Luisa Ranieri
Se di giorno il Palazzo risuonava delle mille voci e del via-vai di molte persone, di sera si chiudeva in un silenzio quasi sacro: le mamme si sedevano davanti al balcone di sopra che dava sui campi e cominciavano a raccontarsi piano, con quella calma e quella saggezza che solo le donne posseggono: i litigi erano robe dei maschi e, in quella solenne pace della sera, glieli lasciavano tutti. Loro si prendevano cura di noi, ci tenevano in braccio anche se eravamo già grandicelli e stavamo, così, tutti insieme e calmi ad ascoltare il fruscio del fiume che scorreva serpeggiando là sotto nella campagna per poi andare a perdersi nell’abbraccio del mare.A ore stabilite l’alito di un venticello perenne ci portava il rintocco delle campane della Chiesa Matrice che sovrastava tutte le case del borgo e quel suono ci trascinava dolcemente nel mistero della notte fino a farci chiudere gli occhi con una profonda gratitudine nei confronti della Vita che ci affannava di giorno e ci acquietava di notte.
Era un suono antico, quello delle campane della Chiesa Matrice di S. Maria d’Altavilla che riassume in sé tutta la storia di quel comprensorio.
Sull’antico luogo di culto ortodosso, infatti, istituito dai Monaci Basiliani rifugiatisi in massa nelle grotte della Calabria Jonica al tempo della persecuzione iconoclastica bizantina, la Chiesa era stata edificata per espresso volere di Ruggero d’Altavilla, col preciso intento di rispettare l’accordo stipulato col Papa Urbano II di latinizzarlo in cambio del riconoscimento ufficiale della sua famiglia alla gestione del potere nel Meridione d’Italia.
Tale decisione aveva portato, nel tempo, alla violenta distruzione di tutto ciò che concerneva il rito ortodosso e persino dell’uso della Lingua Greca nel suo esercizio.
Ma niente mai muore del tutto e tale lingua e molti degli atteggiamenti religiosi di un tempo sono trasmigrati nel nuovo culto e la Chiesa voluta dal Normanno ha continuato ad abbracciare il popolo di Satriano con la stessa pietas dell’antica basiliana perché il sentimento religioso di una popolazione va al di là dell’istituzione che cala dall’alto di un modo o di un altro di viverlo e manifestarlo.
Anzi, col suo popolo la Chiesa Matrice ha vissuto ogni avvenimento lieto e, più spesso, catastrofico abbattutosi su di esso: violentissime alluvioni e altrettanto violenti terremoti l’hanno sfregiata più e più volte nel corso degli anni e persino gli uomini ci hanno messo del loro con il bombardamento del 1943 e la conseguente chiusura dell’edifico per i successivi tre anni necessari alla ricostruzione.
E oggi domina, imponente come prima, il paese con i suoi dolci colori e il suono solenne delle sue campane che hanno il potere taumaturgico di sottrarre colui che si ferma ad ascoltarle all’affanno del contingente immergendolo in un’aura più libera dai lacci e dai lacciuoli umani.
Tratto da Sulla scacchiera della vita, Pagine 45-46